venerdì 30 settembre 2011

Legge bavaglio reprise

La legge bavaglio torna alla luce. Di nuovo.
Seriamente, sta cominciando a venire a noia.
E' come un tormentone venuto male, non fa nemmeno ridere.

Questo naturalmente sarebbe uno dei primi blog a poter essere fatti oggetto di causa se mai venisse letto dalle persone che nomino. Certo non faccio fatica ad immaginarmi soggetti paranoidi che pagano ingaggiano scimmiette appena laureatae per passare al setaccio tutto il web e trovare blogger che parlano male di loro. A 12.000 euro a botta possono pagarsene un bel po' di tangenti.

E' un po' patetico, non pensate? Credersi talmente superiori a tutto e tutti da voler impedire a chiunque di parlare male di sè. Un po' triste e dannatamente arrogante. Un tentativo idiota di cercare di tornare a uno stato di signoraggio feudale: io padrone, tu servo. Una volta ci si faceva scudo con dio e il sangue blu, ora coi soldi. Ma se ci riuscissero credo che comincerebbero a blaterale di sangue nobile pure loro, cercando di nascondere completamente le origini del bisnonno contadino. E potranno anche provarci ma ciò non significa che mi impediranno di pensare che loro e tutta la cricca siano braccia rubate all'agricoltura. Il diritto di parola, pensiero e opinione fa parte dei diritti fondamentali dell'uomo e ho intenzione di esercitarlo fino in fondo.

Che poi in Italia c'è questa orrida mania di voler pretendere rettifiche su fatti realmente accaduti. Il giorno prima un politico (a caso) dice che i neri son tutti froci (un insulto a caso su qualcuno a caso), il giorno dopo scoppiato il bailamme va a dire che non è vero, che è stato frainteso, era doppiato.

Vai te a capire, eppure non ci vuole un genio per rendersi conto che se dici una stronzata qualcuno poi ti pela e pure a fondo. Io sono contro l'uso della violenza nell'educazione, ma se mamma e papà avessero dato quei dannati scapaccioni in più al momento giusto, secondo me ci saremmo risparmiati un bel po' di idioti.

lunedì 26 settembre 2011

Lo stato di polizia

A me fa ridere Berlusconi, che dice di vivere in uno stato di polizia.
Lui una situazione così non l'ha vissuta, l'ha creata. Più di una volta.
Lui non è mai stato in mezzo alla folla, a manifestare pacificamente per le proprie idee, ritrovandosi a terra, malmenato e poi in cella, aspettando per ore di poter andare in bagno o bere o mangiare o venire medicato, in piena violazione dei diritti umani.
Lui non è mai stato prelevato dalla strada una sera morendo pochi giorni dopo per cause mai esplicate del tutto.
Lui non è mai stato preso a bastonate perché stava passando vicino a una manifestazione.
Lo stato di polizia che vive lui, la persecuzione che si sente addosso lui, è quella del bulletto che non capisce perché ce l'hanno tutti gli vogliono male. Che frigna che non è giusto mentre è in castigo per aver rotto apposta il giocattolo del fratellino. Che dà della stronza alla maestra che l'ha mandato dal preside per aver aggredito un compagno di scuola. Che sputa sul buttafuori che lo caccia a pedate fuori dal locale per aver molestato le cubiste.
Noi lo viviamo lo stato di polizia, non lui. Lui, dall'alto delle sue torri d'avorio ad Arcore, circondato da quei poliziotti che tanto disprezza ma di cui non manca mai di attorniarsi, merita di vivere in uno stato di costante terrore del palesarsi della legge.
Noi, che la legge la seguiamo e seguiamo tutte le procedure civili, sociali e legali per far valere i  nostri diritti, quando ci troviamo di fronte dei fascisti rabbiosi armati di manganello, cosa diavolo dovremmo dire?

Ciao Sergio

Non me l'aspettavo.
L'avevo visto l'anno scorso a una conferenza alla Holden a cui aveva partecipato anche Tito Faraci. Mi era sembrato ancora giovane, sicuramente non gli davo più di 70 anni. Per questo non me l'aspettavo.
Vagliava ancora tutte le serie a fumetti, discuteva con gli autori, gli piaceva scoprire nuove storie. Era veramente un grande personaggio. Mentre parlava la sua passione per i fumetti era tangibile e contagiosa, per chi già li amava era veramente emozionante. Era bello averlo davanti, sapere che esisteva per davvero.

Il primo bonellide che mi è capitato in mano era ovviamente un Tex. Non abbiamo cominciato tutti così? O con un Tex o un Dylan si inizia, non c'è molta scelta. Poi però si cresce e un giorno in edicola scopri che in realtà il mondo Bonelli è immenso, che ce n'è per tutti i gusti.
E allora ti infogni in Julia, in Dampyr, in Nathan Never. Ti butti sulla novità delle "mini" serie, i romanzi a fumetti. Scopri Enoch e le pubblicazioni annuali di Altrove. Diventi un esperto senza nemmeno accorgertene, cominci a imparare i nomi dei disegnatori e degli sceneggiatori, puoi fare paragone tra gli uni e gli altri, tra le varie annate. Un mondo di infinite possibilità che sembrava non dovesse morire mai.
Poi un lunedì apri Facebook e vedi Makkox che ha pubblicato un disegno di Zagor, leggi i commenti e ti viene la pelle d'oca.

Sergio Bonelli non ha fatto il fumetto italiano, lui era il fumetto italiano. Aveva un gusto meraviglioso per le storie, una passione sfrenata per i fumetti e ci ha educati tutti, ci ha cresciuti tutti. Ha modellato lo stesso mercato sui suoi fumetti: quanti editori possono dire di aver dato il nome a un formato editoriale?
Si dice forse marvenellide o dcnellide?
In Italia solo l'Astorina e la Disney pubblicano in un formato diverso. La Star Comics che ha appena iniziato a pubblicare lo fa in bonellide.

Non lo conoscevo di persona, alla conferenza non sono nemmeno riuscita a trovare il coraggio di stringergli la mano, ma mi mancherà. Mancherà a tutti.

Grazie di tutto Sergio, ciao.

domenica 11 settembre 2011

11/9

E' sempre molto difficile scrivere dell'11 Settembre.
Si rischia di scrivere luoghi comuni, frasi trite e ritrite, polemiche, retorica, ricordi.
Così credo che non scriverò niente, a parte che oggi anch'io ho ricordato, ho ascoltato alla radio le voci di chi c'era e di chi non c'è più e ho pianto con loro.
Per le polemiche ci sarà tempo un altro giorno, oggi ricordiamo chi è morto quel giorno e chi ha continuato a morire da allora per le decisioni di una manciata di uomini.


venerdì 9 settembre 2011

Barbie Girl era geniale

A quanto pare Barbie Girl è stata votata come canzone più brutta degli anni '90, il che la dice lunga su quanto le persone non capiscano una beata minchia.
Io Barbie Girl l'ho adorata. L'ho imparata a memoria, ho registrato il video da Mtv, ho registrato la canzone dalla radio, me la sono tradotta con il dizionario. La amavo. Ho comprato quel disco degli Acqua solo per lei.
Avevo tredici anni, odiavo i Take That e quello credo sia stato il mio primo guizzo femminista.
Perché?
Mistero della fede! Vediamo un po' il testo và.

I'm a barbie girl, in a barbie world 
Life in plastic, it's fantastic! 
you can brush my hair, undress me everywhere 
Imagination, life is your creation 

Questo non è altro che il grido di battaglia della Mattel, ma esplicato.
La Barbie è una bambola e tu puoi effettivamente fargli un po' quel piffero che ti passa per la testa, tanto è una bambola, non si lamenterà mai.

Sono una Barbie, che vive in un mondo Barbie e la vita nella plastica è fantastica.
Sono una ragazza finta, che vive in un mondo finto e la vita nella finzione è fantastica.
Sottotitoli per chi non ci arriva: chi te lo fa fare di vivere nel mondo reale, brutto, sporco e cattivo? Fai finta di niente e vedrai che bella vita!

Ok, magari l'ultima frase a tredici anni non l'ho proprio formulata così, ma ci ero arrivicchiata.
L'ultimo verso potrebbe essere invece il grido di battaglia di The Sims, Second Life e tutti quei fantastici giochi di ruolo in cui si finge di essere un personaggio digitale e ci si crea la vita dei propri sogni. E dire che manco esistevano allora.

I'm a blond bimbo girl, in a fantasy world 
Dress me up, make it tight, I'm your dolly 
You're my doll, rock'n'roll, feel the glamour in pink, 
kiss me here, touch me there, hanky panky... 
You can touch, you can play, if you say: "I'm always yours"

Questa non è altro che la replica della prima strofa: sono una bambola, puoi farmi quello che vuoi, perché tanto sono una bambola e ti appartengo.

Poi il ribaltone, canta Ken:
"Tu sei la mia bambola, rock'n'roll, segui la moda del rosa, baciami qui, toccami lì, hanky panky (che secondo le traduzioni è: facciamo sesso)".
L'uomo che dice alla donna: tu se la mia bambola dai facciamolo. Dichiarato, così, semplice semplice, in una canzone di un gruppo pop per ragazzini.

E poi lei riprende: Puoi toccare, puoi giocare, se dici: "Sono sempre tuo", e qui si entra nel tragico e perverso gioco delle possessioni, che è poi l'unico motivo per cui esistono le relazioni monogame.
Non è che solo gli uomini hanno desiderio di possesso, è un male diffuso tanto da una parte quanto da un'altra (sottile differenza, gli uomini quando vedono la propria "proprietà privata" prendere il volo di solito reagiscono un tantino violentemente... noi almeno ci limitiamo a rompere i coglioni. Tanto, ma solo quello).

Make me walk, make me talk, do whatever you please 
I can act like a star, I can beg on my knees 
Come jump in, bimbo friend, let us do it again, 
hit the town, fool around, let's go party 
You can touch, you can play, if you say: "I'm always yours" 
You can touch, you can play, if you say: "I'm always yours" 

E questa è la continuazione della lezione n° 1 di: Come una donna dovrebbe essere secondo l'immaginario maschilista.
"Fammi qualsiasi cosa per favore"
"Posso implorare sulle mie ginocchia" (che poi non era vero, mica si piegavano le ginocchia alla Barbie!)

La più classica fantasia e desiderio maschile lì, spiattellati tramite la parodia di un giocattolo per bambine.
D'altronde la canzone non nasconde affatto che l'unico desiderio di Ken è farsi Barbie, mentre lei continua a gingillarsi con l'idea di amore (eccerto, è cresciuta come una stupida Barbie!). Che la Mattel si sia incazzata per questo poi è abbastanza ipocrita, credo non ci sia stata nessuna di noi che al sorgere delle prime pulsioni ormonali, non abbia spogliato Barbie e Ken facendoli copulare (che poi, vogliamo parlare del fatto che lei era anatomicamente giusta e lui... castrato?) e penso che loro l'abbiamo sempre sapito.

Il continuo ritornello:
Come on Barbie, let's go party! 
(Ah-ah-ah-yeah) 

e la fine del video non è altro che il corollario al tutto.

Il mondo stava cominciando a riempirsi di ragazzini che dalla vita volevano solo fare festa, avere fidanzati bellissimi e passare la vita nella frivolezza, ovvero gli anni '50 pari pari. Che regresso allucinante, ed era solo il '97.

Barbie Girl all'epoca non è stata molto capita e tutti si divisero tra: ma che stupida! ma che carina, come si balla bene!
Anch'io devo ammettere che buona parte del mio amore arrivò grazie alla Mattel, che gli fece causa. Anche se poi la fecero passare come una semplice parodia, questa è e resta una delle critiche migliori fatta del vero significato della Barbie e della società patriarcale in genere.

La Barbie è esattamente così: finta, frivola, stupida e insegna alle bambine un modello di femminilità deleterio e sbagliato (mentre Big Jim dall'altra parte si impegnava a insegnare ai bambini come essere un vero macho).
Che l'abbiano dovuta scrivere un gruppetto pop che viene preso in giro ancora adesso, la dice lunga su quanto i tempi siano pronti per ammettere che metà della popolazione mondiale viene educata dai giocattoli a un modello di vita repressivo.

E comunque il video è geniale.
W Barbie Girl!

(Testo della canzone preso qui)


domenica 4 settembre 2011

Riflessione blanda sui luoghi comune di genere

Dai, facciamo questo giochino ormai stra-abusato che è elencare i luoghi comuni sulle femminucce e distruggiamoli senza pietà.
Perché? Così, mi annoio. E già che ci sono ne userò qualcuno maschile, così per ridere.

Alle ragazze piace tenere e pulita e ordinata casa
Le ragazze devono tenere pulita e ordinata casa perché tu, lurido facocero pigro e viziato, piuttosto che buttare un calzino nel cestone della biancheria sporca ti fai venire il colpo della strega psicosomatico.
Il riordino di casa mia è una vera e propria battaglia che combatto solo quando mi devono arrivare ospiti, se no è una serie di guerriglie tra io che inciampo e la roba che si ostina a starmi davanti. Quando poi devo fare la lavatrice perlustro ogni angolo della casa perché sono in grado di nascondere i calzini anche tra gli archivi delle serie di fumetti concluse. Anzi, ne ho appena perso uno, è nel vostro cestone per caso?

Le ragazze sanno cucinare
Vabeh, un po' anni Cinquanta questa. Risale all'epoca in cui le bambine da future donne di casa dovevano stare attaccate alla gonna della mamma e aiutare in cucina. Per forza che imparavano a cucinare. Eppure non tutte ci erano portate tant'è che film e telefilm sono pieni di crudeli prese in giro nei confronti di quelle poverette che proprio non ci avevano talento. Cretini. Cucinate voi se vi fa tanto schifo, no? Due mani le avete tali e quali a noi, il cervello chissà.
Io per mio conto ho cucinato davvero molto poco nella mia vita (e per cucinare non intendo saper fare la pasta, l'uovo in camicia o cuocere un paio di wusterl, quella non è cucina, è mera sopravvivenza) per un paio di fatti: mi annoia, mi annoia lavare piatti e pentole dopo, se c'ho fame c'ho fretta.

Le ragazze sanno fare la lavatrice
Mica c'è bisogno di una laurea, basta leggere il libretto delle istruzioni, le etichette sulle magliette e connettere quei due neuroni che vagano nel vuoto siderale. Non è difficile, no? E poi i pasticci li fanno tutti, se siete culati e avete una mamma nata negli anni '60 ci potrebbe essere soluzione se no... beh, no.

Le ragazze sono pettegole
E voi, razza di ipocriti che non siete altro, lo siete anche più di noi, perché ci provate una specie di piacere perverso a poter sparlare di qualcuno, non negatelo. E come venite a chiederli a noi poi!

Le ragazze vanno matte per i saldi
Sì, di libri! Aneddoto: io e la mia dolce sorellina (che ora si veste da pin up) siamo andate un giorno a Milano alla scoperta dei fabulosi negozi di vestiti per comprarci qualcosa in saldo col bancomat della mamma. Non abbiamo trovato una sega, faceva tutto schifo, così ci siamo fiondate alla Feltrinelli di Piazza del Duomo comunicando via sms le nostre intenzioni. La risposta è stata questa "Adesso sì che ho paura...". Lei è tornata a casa con la raccolta completa di Anne Rice, io non me lo ricordo più, ma un 150 euro di libri ce li saremo ben fatti.

Le ragazze passano ore a scegliere un vestito
E voi  no eh? Io a una prima occhiata dalla vetrina so già se il negozio mi interessa o meno. La passeggiata al mercato è proprio tale perché mi fermo solo se vedo qualcosa che mi colpisce e se lo fa di solito è già mio. Il mio ex invece una volta mi tenne 40minuti (40!) in un negozio di scarpe prendendo in visione anche 4 volte diversi paia che già alla prima occhiata non lo convincevano, ma doveva esserne sicuro. Quando doveva comprare i pantaloni dovevo prepararmi psicologicamente due settimane per sopravvivere. Fatemi il favore eh.

Alle ragazze piacciono solo il film d'amore
Se un giorno incontrassi un tipo che per abbordarmi mi porta a vedere una stupida commedia romantica mentre nella sala accanto c'è un film della Pixar o un fantastico hard boiled, non mi lascerei nemmeno riaccompagnare alla fermata del bus.

Le ragazze sanno cucire e stirare
Eh... no. Sapete non è che nasciamo col dna programmato per le incombenze domestiche eh, qualcuno ce le insegna da piccole queste cose. Certo che se da piccole preferiamo giocare con il fango e le macchinine, correre in bicicletta o semplicemente leggere, non ce ne potete fare una colpa.

Le ragazze sono romantiche
Romanticismo? Scusate, devo cercarlo sul dizionario. Ah, le vaccate sentimentali. Uh che palle, che danno sull'altro canale?

Alle ragazze piacciono i tacchi alti
A voi piace quando li mettiamo, noi ce li facciamo piacere perché introiettiamo la vostra perversa idea di figura femminile come nostra. Davvero, li avete mai provati? Sono scomodi, ci costringono a fare passi corti, non possiamo correre se non in maniera veramente ridicola e rischiamo di fracassarci una caviglia costantemente. Non parliamo poi degli effetti deleteri a lungo termine. Sul serio, se potessi tornare indietro nel passato, troverei gli ideatori di questa tortura e glie li infilerei dove dico io sto dannato tacco. Sono sicura che gambe e glutei risalterebbero anche su di loro.

Boh, per ora ho finito. A qualcuno viene in mente altro?


sabato 3 settembre 2011

L'amore precario

In lista c'è una discussione bellissima che poi è sfociata anche in questo post di FAS.
Mi sta colpendo molto perché è il mio pensiero degli ultimi mesi: ovvero basta con le relazione esclusive.
Meglio, specifico, non è che mi dispiacerebbe avere un rapporto con qualcuno, ma quel rapporto sarebbe più fisico che sentimentale.
Perché?
Perché dopo tre anni di relazione di cui due e mezzo vissuti a una considerevole distanza ho capito una cosa: una relazione affettiva è faticosa e deleteria. Veramente, ti rovina, o almeno rovina me. Non ci sono portata, punto. Per quanto anch'io sia cresciuta con tutte le cretinate femminili (uh l'amour! la passione! la tragedia! il dramma! il corteggiamento! ma va a cagare và) è un po' che penso che ste stronzate sentimentali siano appunto, stronzate. Ed è sempre la mia storia che mi ha aiutata. Perché non ci fu corteggiamento, non ci furono drammi, giochetti con il detto e non detto, le allusioni, e ma allora stiamo insieme o no. Ci siamo incontrati un venerdì sera, la domenica siamo usciti, il mercoledì io ebbi i primi due orgasmi della mia vita. Niente storie, niente cincischiamenti. Iniziò così blandamente che ne sono scioccata ancora adesso, ma solo perché è esattamente così che dovrebbero andare tutte le storie.
Ti incontri, ti piaci, ti fai, se non ci si piace più la si smette, amici come e più di prima.
Dove cazzo è il problema?
Il corteggiamento è una cazzata.
Le storie amorose esclusive sono una cazzata.
Tutti questi drammi, gelosie, io ti amo, se tu non mi ami sei uno stronzo, voglio passare la vita con te, ma che siete scemi?
Io al solo pensiero mi sento claustrofobica.
Io in questi tre anni mi sono rovinata la vita per la dipendenza affettiva: non sapevo come gestirla e ho sacrificato così mesi preziosi in cui si stava decidendo il mio futuro. Ho persino evitato di avere troppa vita sociale per paura della mia incostanza sentimentale (di cui ero già fin troppo consapevole). Mi sono rovinata. Non per colpa sua, lui è stato vittima quanto me di questa cosa e la vive anche peggio perché a trent'anni e rotti si sente il peso del fallimento sulle spalle (altra pressione da parte della società).
E non sto nemmeno dicendo che ora sono una donna libera, che ogni sera si diverte come una pazza e si sta facendo un sacco di amanti per sublimare il suo bisogno sessuale, magari!
Il mio retaggio culturale mi blocca, così come un sacco di fobie, ma ci sto lavorando sopra.
Tra tutti gli obiettivi che ho e non sto inseguendo per pigrizia, quello di vivere l'amore precario è uno dei principali.
Dovrebbe essere l'obiettivo di tutti, ma finché ci crescono con le romanze, i cartoni Disney e altre puttanate simili continueremo a confondere la sessualità con amore, e l'affetto con il possesso.
Alla fine c'avevano ragione gli hippy, peccato che abbiano mollatato così presto.