martedì 21 agosto 2012

Su Assange e del perché non è mai stato un vero eroe

Quando venne spiccato il mandato di arresto internazionale contro Assange, praticamente nessuno osò mettere in dubbio che fosse un complotto. Se ne scrissero d'ogni, ricordo persino un articolo (che sicuramente non ritroverò mai più) dove si insinuava che le due donne che lo accusavano fossero in realtà al soldo degli USA e/o simpatizzanti e/o con acredini nei confronti di Assange perché imparentate con americani o soldati americani (non ricordo, prendetela un po' come viene).
All'epoca era difficile capire da che parte andare a sbattere la testa, lui era il fondatore di Wikileaks, l'organizzazione che non molto tempo prima aveva diffuso un video in cui militari statunitensi massacrano senza troppe remore dei civili iracheni (ridendoci) e dando la colpa a loro se dei bambini erano stati coinvolti. Ci stava no, che fosse un complotto?
Sì però i mesi passano, la matassa si dipana e finalmente si comincia a leggere qualche articolo più chiarificatore che fa capire come in realtà le due cose non sarebbero proprio così correlate. Sì, gli USA potrebbero avere intenzione di chiedere l'estradizione di Assange dopo il processo in Svezia, ma ehi, da quando un eventuale procedimento dovrebbe inficiare lo svolgersi di un altro?
Certo l'accanimento contro cui si sta processando un accusato di stupro è ammirevole, davvero. Qualcuno mi ricorda un precedente in merito?
Io non ne ho. Anzi, l'ultimo procedimento contro una persona stramaledettamente influente per stupro è finita con l'umiliazione dell'accusante, la libertà totale dell'accusato e come se non bastasse una denuncia per danni morali contro la presunta vittima. Sì, ma lui stava dalla parte giusta della barricata, quella degli intoccabili.
Come vorrei che tutti gli accusati di stupro fossero perseguiti con lo stesso ardore! E invece di solito se succede la colpa ovviamente è di lei che, per un motivo o per l'altro se l'è cercata. Altro che mandato di cattura internazionale.
Ok, potrebbe essere davvero innocente, ma se a una persona come Strauss-Khan si può dare il beneficio del dubbio allora bisogna avere anche il dubbio che Assange sia colpevole.
Comunque, per quanto la storia puzzi non posso fare a meno di rileggere questo post e pensare che in questo momento ci sono tre donne in carcere, che si sono guadagnate la condanna cantando una canzone satirica contro l'uomo da cui Assange percepisce stipendio e lodi e che ha ottenuto asilo in uno dei paesi dove la libertà di stampa non esiste.
No ma sei coerente. Davvero.
Forse lui davvero si crede Robin Hood, sul serio, ma non posso fare a meno di pensare che 1. qui non siamo ai tempi di Re Riccardo dove la parola democrazia ancora non esisteva e la legge era a discrezione del sovrano, 2. con il suo modo di fare sta ledendo le azioni di tutte quelle persone che contestando i propri regimi, hanno anche affrontato processi farsa e scontato condanne ingiuste pur di mandare il proprio messaggio al popolo.
Se davvero non è colpevole lo dimostri. Vada in Svezia, affronti le accuse e le confuti.
Se davvero è un complotto un'organizzazione potente come la sua che riesce a mettere le mani su qualsiasi documento segreto (anche perché pare che la gente non veda l'ora di consegnarglieli) che difficoltà potrà mai avere a trovare le prove che sia tutta una farsa? E non dimentichiamo questo famigerato punto sei. In molti hanno già dichiarato negli States che Assange lo vorrebbero condannato a morte e in quel caso sì, darsi alla fuga lo accetterei, anzi sarebbe stramaledettamente sacrosanto che voglia salvarsi la vita. Ma ormai è chiaro che lui vuole solo salvarsi il culo da un'accusa infamante di stupro per poter continuare a fare il salvatore della libertà di informazione dei popoli.
Domanda scomoda: che paladino delle libertà sei se costringi una donna a fare sesso con te?
Non lo sei.
Punto.

Grazie per averlo chiarito finalmente.

lunedì 20 agosto 2012

A Tony Scott e a quel salto che io non ho fatto

La prima volta che nella mia testa sorse l'idea del suicidio avevo 11 anni.
Quest'idea rimase con me per tutta la durata delle medie e, onestamente, sono molto fiera del mio istinto di sopravvivenza che decise di abbandonare tutto e tutti (incluso un futuro scolastico decente) e ricominciare da capo e da sola (13 anni).
Successivamente però l'idea riapparve forte quanto prima e fui talmente fortunata da incontrare degli ottimi anestetizzanti contro quel dolore acuto, che proprio non ne voleva sapere di spegnersi. E' così che sono apparse la mia dipendenza da fumetti, film, telefilm e internet.
Con un mondo interiore non più alimentato solo dai libri, ebbi finalmente un universo intero in cui rifugiarmi ogni volta che mangiare diventava troppo difficile, senza ritrovarmi mai così disperata da dovermi rivolgere alla chimica.
E tra i primi film che ricordo di aver visto fuori dall'onnipresente controllo censorio di mia madre c'erano Top Gun e l'Ultimo Boy Scout.
Il primo non mi colpì particolarmente ma il secondo assolutamente sì.
Era il periodo in cui mi stavo facendo una scorpacciata immensa di film d'azione e Willis, Gibson, Washington, Pitt e Clooney stavano diventando i miei migliori amici. Ricordo anche molto bene Spy Game e il godimento estremo di Domino al cinema. Insomma, in qualche maniera Tony Scott ha contribuito assieme a molti altri a salvarmi la vita e adesso, sapere che invece lui non ce l'ha fatta, che alla fine altre via di fuga non ne ha più trovate, mi rattrista e mi fa male.
Ora dopo aver letto la notizia un giornale, mi trovo a ringraziarlo di aver dato un po' di sollievo alla mia vita e di aver alimentato il mio mondo anche solo per un po' e a sperare che almeno nell'ultimo istante quella pace l'abbia trovata.
Sapete, nessuno di noi sa veramente se in quell'attimo saremo veramente in pace. E' la paura del pentirsi a metà che ci fa desistere, il trovare sempre qualcosa che ci faccia arrivare al giorno successivo. Quando non lo troviamo più, ecco forse quello è il momento in cui facciamo un altro passo e un altro ancora verso quel vuoto eterno che appare sempre più desiderabile di quello terreno.
Io sono stata fortunata, la forza di indietreggiare l'ho trovata, quell'abisso non è più così confortevole e non sovrasta più il senso di colpa e di viltà. Quindi oggi, in memoria sua e di tanti come lui che invece in quell'abisso han saltato, cercherò di essere viva, serena e felice della mia vita nella speranza che in quel buio non ci cada più nessuno.