domenica 20 novembre 2011

Non raccontate le fiabe ai bambini

Grazie a Once Upon a Time (guardatela!guardatela!guardatela!guardatela!guardatela!guardatela! ma in inglese che in nomi italiani fan proprio rabbrividire) sto riscoprendo un po' di fiabe e una di quelle che di cui non mi ricordavo proprio l'esistenza è quella di Rumpelstiltskin (Tremotino per gli italianofili).
Solo che ora non sono più una bambina e rileggendola dall'alto dei miei 27 ci sono rimasta un po' di stucco che le mamme ogni tanto la raccontino ancora.

In sintesi la storia è questa.
Un mugnaio ci ha voglia di darsi un po' di arie e dice a tutti che la figlia sa filare la paglia in oro. Ma và? Dice il Re, vieni cara che verifichiamo. Ma non ti metto in una bella camera per metterti a tuo agio, ti rinchiudo in una torre (che è bello mantenere le tradizioni) e ti do tre giorni di tempo per filare tutta la paglia che ti ho dato che non me ne frega niente di quanto ci metti di solito, io in tre giorni la voglio e in tre me la darai, se no ti ammazzo (un paio di scapaccioni da piccolo te li potevano anche dare però i tuoi).
La porella, a cui nessuno ha chiesto proprio niente manco se era vero che la sapeva davvero fare quella cosa là, si dispera giustamente, che scemo di un padre una bugia meno impossibile potevi trovarla? Non ci sono riusciti gli alchimisti come posso riuscirci io che manco mi hai mandata a scuola? Ma ehi! Arriva lo gnomo che ti risolve tutto. Ma mica la fa così, che se sai fare bene una cosa mai farla gratis (cit). Primo giorno voglio la tua collana. Il secondo l'anello. Il terzo non hai più niente? Ma proprio nei guai ti ha messa tuo padre, vabeh voglio il tuo primogenito (ma che razza di valuta hanno da quelle parti che un bambino ha lo stesso valore di un anello o una collana? Bel modo di insegnare ai piccoli il valore della vita umana). Il Re entra nella stanza, vede tutto quell'oro e si innamora (ma dai!). Ovviamente il primo figlio arriva (e in tutto questo tempo non le ha mai chiesto di filare altro oro? Ma che te la sei sposata a fare allora?) e ovviamente torna anche lo gnomo. Ma lei ovviamente non ci sta: primo il figlio è suo e poi minimo il Re la giustizia di nuovo (poco clemente prima per una cazzo di bugia figuriamoci se da via il primogenito). Insomma, lo gnomo un po' si commuove e le da una chance: indovina il mio nome in tre giorni (ma che è sta roba dei tre giorni) e ti lascio il pupo (certo che però giocavi in casa con il nome che avevi...). Ovviamente c'è il lieto fine, che ora che la tipa è ricca manda in giro un po' di scagnozzi spioni di cui uno riesce a tornare con la risposta, perché ha visto lo gnomo autocelebrarsi con una filastrocca in cui c'era il suo nome (sì, un po' scema come cosa). Fu così che lo gnomo, l'unico a essere stato onesto dall'inizio alla fine della fiaba vorrei sottolineare, rimane a bocca asciutta, mentre il Re oltre all'oro si è cuccato una moglie (sicuramente priva di tutte le pretese delle nobildonne visto quello che ha passato) e il padre ha la testa ancora sul collo nonostante tutto sia successo per colpa della sua idiozia.

Che si impara da questa fiaba?
Che se tuo padre è un idiota le spese le farai tu, mica lui.
Che la vita di bambino vale quanto un oggetto di bigiotteria quindi occhio a quello che fai prima dei diciotto anni.
Che se ti presenti circondato da un mucchio d'oro ti amerà chiunque.
Che se sei sufficientemente ricco puoi rompere qualsiasi accordo con l'inganno e lo spionaggio anche se il tipo ti aveva tolto le castagne da un gran brutto incendio.

No ma continuate a raccontare le fiabe classiche ai bambini, mi raccomando. Mica vorremmo che uscissero tutti onesti, furbi e responsabili!

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