venerdì 4 novembre 2011

Del desiderio, del rifiuto e dell'imparare a vivere

Ormai ci abbiamo fatto tutti caso. Se desideriamo tanto una cosa, ma non la possiamo avere, questa si fa ancora più desiderabile.
Questo vale per oggetti, cibi, sogni e persone. Soprattutto le persone. Gli oggetti, se risparmi, prima o poi li compri. I cibi se hai delle intolleranze gravi no, ma tra la vita e il cibo non è difficile scegliere. I sogni prima o poi si impara a gestirli o li si dimentica. Con le persone è molto più dura perché tocca anche fare i conti con il rifiuto. Un oggetto o un cibo non ti rifiutano, sono il tuo corpo e il tuo portafoglio a farlo. Ma quando sono gli altri a rifiutarti è come se ti uccidessero.
Il rifiuto è una cosa parecchio tosta perché non ci siamo veramente abituati.

Un esempio a caso: le feste di compleanno delle elementari.
Era quasi scontato che quando un bambino faceva gli anni prima o poi tutti avremmo trovato il biglietto colorato che ci invitava alla festa. Tutti. Nessuno escluso. I nostri amichetti, il bambino che si infila le (tue) matite nel naso, la bambina frignona e il bulletto che ti butta sempre a terra lo zaino. Tutti, perché se lasci fuori qualcuno poi questo ci rimane male.
Ed è lì che casca l'asino.
Perché dovrei invitare alla mia festa di compleanno i bambini che detesto di più o che mi rendono la vita un inferno? Solo perché siamo tutti piccoli, carini e vulnerabili? (Sfatiamo questo mito: i bambini sono crudeli e insensibili più degli adulti).
Non solo invitando tutti la festa per me non sarà una vera festa, ma non faccio capire a loro che non sono miei amici. Ok, ribattete pure che poi il bullo me le suona per farmela pagare, mica è detto che poi non me le suona alla festa o il giorno dopo per ricordarmi chi è che comanda. Almeno per una volta sto SOLO ed ESCLUSIVAMENTE con persone che mi piacciono e dico al bullo di andare a farsi benedire.
Invece no. Tutti amici, tutti belli, tutti assieme appassionatamente. La mia festa farà schifo e non vedrò l'ora che escano tutti di casa (mamma e papà compresi) iniziandoci tutti alla sagra dell'ipocrisia.
In più, né io né i miei compagnucci impariamo a gestire il rifiuto in tempo utile per quando ne riceveremo di seri (primi amori, borse di studio, lavoro, etc...) rischiando molto più facilmente la depressione.
Certo, genitori e maestre hanno ragione a pensare che un bambino ci rimarrebbe male a non essere invitato a una festa, ma magari capisce che se vuole essere invitato la prossima volta magari è meglio se smette di buttarmi a terra lo zaino. Non è che solo perché ho sette anni mi si deve proteggere da ogni bruttura sociale e personae: se ho un carattere di merda, è meglio saperlo per tempo.

Io, ora come ora, un rifiuto non lo so gestire. Razionalmente so che dovrei pensare: "ok, forse non ci sono portato/non è la persona giusta per me/meglio se faccio biologia che arte è un girone dell'inferno con la fila per entrare" ma alla fine mi butto sul classico "faccio schifo". Dicono che in realtà ce la puoi fare a imparare la lezione prima della pensione, io mi accontenterei di riuscirci prima della tumulazione. Chi l'ha dura la vince, no?

Ultima postilla di un post che non trae nessuna conclusione, la festa di compleanno è il primo passo verso il meccanismo molto in voga nei piccoli centri di continuare masochisticamente a frequentare persone che in realtà si detestano, semplicemente perché lo si è sempre fatto/poi si litiga/tanto i posti sono solo tre e mi tocca vederlie lo stesso.
Morale: w le metropoli!

2 commenti:

  1. unp psicoterapeuta avrebbe tante domande da porti su questo post! ;p

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  2. metà del post è ispirato a quello che mi ha detto la seduta scorsa, pensa XD

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