domenica 18 dicembre 2011

Il Natale che non c'è

Tra gli 11 e i 12 anni della mia vita sono sparite tante cose e tra queste c'è il Natale.
Tra una famiglia scoppiata improvvisamente come un palloncino troppo gonfio e il legame con la famiglia di mio padre sempre più labile, il Natale smise di essere la giornata piena di calore e allegria che era nella mia infanzia e divenne una sequenza di ore particolarmente noiosa passata in pigiama, giocando con i regali nuovi e la televisione sempre accesa su quelle cose che, anche trasmesse in altri mesi, avrebbero portato con sé quella tipica pesantezza natalizia.
La posso ancora sentire quella dannata aria pesante, oziosa e asfissiante, con neanche un po' di neve fuori a dare la scusa per vestirsi e lavarsi la faccia.
E' sempre questo che mi evoca ancora oggi il Natale e odio il vedere la frenesia con cui si anima sempre la città durante le feste. E non è una frenesia da "Evviva! E' Natale!" che magari puoi vedere negli occhi di un bambino, è la frenesia da "Se non sei felice a Natale allora hai veramente qualcosa che non va e dovresti vergognarti".
Il Natale è triste.
Il Natale è il solstizio di inverno, il giorno con meno luce in assoluto di tutto l'anno, un giorno gelido che può essere mitigato solo da un'abbondante nevicata e un paio di amici che non hanno paura di bagnarsi per fare a palle di neve. Il scervellarsi su cosa regalare a chi, le code fuori dai negozi, la gente che va e viene frenetica ignorando i clochard e i mendicanti che anche in quel giorno non verranno graziati dalla misericordia divina in cui tanti si ostinano a credere, tutto questo agitarsi, fa un po' pena.
Per mio padre, mia madre e i miei nonni, il Natale significava mangiare mandarini e frutta secca, un giorno in cui dimenticarsi di pensare a come mettere in tavola qualcosa il giorno dopo, stare tutti assieme per volersi veramente bene, ringraziando di essere tutti in salute, vivi e con un tetto sulla testa.
Qualcuno lo festeggia ancora così? Perché io, se devo essere sincera qualcosa mi ricordo, ma comincio a pensare che fosse solo un'illusione.

domenica 11 dicembre 2011

Come concepiamo ancora la libertà sessuale tra i generi

Stavo per scriverlo io, ma mi pare che lei l'abbia detto decisamente bene, quindi propongo:

#torinoburning Inventarsi il mostro - Michela Murgia

Non ho gran che da aggiungere alle considerazioni che ho già fatto nel post precedente, ma il pensare che nel 21 secolo una ragazzina non possa vivere la propria sessualità liberamente fa piangere.
Fosse stato un ragazzino non si sarebbe fatto tanti problemi: magari non gli avrebbero proprio stretto la mano, ma difficilmente ci sarebbero state conseguenze punitive. Invece è una ragazzina, quindi la paura che la famiglia cominciasse a trattarla da puttana e trasformasse la sua vita in quella di una monaca di clausura l'ha spinta a mentire.

 Il paradosso è che nonostante sopravvivano ancora giudizi medievali sulla gestione del corpo della donna, questa società ti spinge comunque a fare sesso il prima possibile, magari forzandoti pure (alzi la mano chi non ha mai pensato di essere una fallita perché non aveva ancora fatto sesso a 20 anni).

Prima o poi però impareremo, ve l'assicuro, a ignorare i vostri giudizi e capiremo che quel che facciamo con il nostro corpo sono solo fatti nostri. Non vostro, non dello stato, non della nostra famiglia.
E prima o poi io spero che anche tutti voi capirete, che avere paura della nostra libertà è una cosa stupida e non è in vostro diritto. Ecco quel giorno, saremo già una società più civile.

Come gli italiani reagiscono allo stupro

Quando viene commesso da connazionali: un intero paese schierato in loro difesa
Quando viene commesso da immigrati: un campo rom distrutto

In quale società che si autodefinisce civile uno stupro risulta più o meno grave a seconda di chi lo commette?
Com'è stato possibile che un gruppo di cittadini abbia potuto marciare indisturbati fino a un campo rom, assalirlo e darlo alle fiamme, con il chiaro intento di sterminarli tutti, quando una qualsiasi manifestazione pacifica viene affrontata con camionette blindate e agenti in tenuta antisommossa armati di fumogeni?

Per quel che mi riguarda, ogni essere umano che mette piede sul suolo italiano diventa automaticamente responsabilità dello stato. Che un qualsiasi cittadino europeo o extra-europeo possa essere aggredito indiscriminatamente da chiunque solo per la sua provenienza etnica-culturale, è indecente.

Forse sarebbe il caso di concentrarsi anche su questo invece che continuare a preoccuparsi solo ed esclusivamente del bilancio delle casse statali ed europee.
O no?

giovedì 8 dicembre 2011

La festa dell'incesto

L'anno scorso un collega molto religioso mi ha spiegato che la festa dell'Immacolata concezione non era la festa dell'Immacolata concezione di Gesù, ma di Maria.
Sul momento feci confusione coi soggetti, poi però il significato mi fu chiaro e finimmo in una discussione molto divertente dove sancimmo che sì, Dio all'epoca commise incesto.

Ora, questa è la definizione di Wikipedia:

L'Immacolata Concezione è un dogma cattolico, proclamato da papa Pio IX l'8 dicembre 1854[1] con la bolla Ineffabilis Deus, che sancisce come la Vergine Maria sia stata preservata immune dal peccato originale fin dal primo istante del suo concepimento.

Questa naturalmente la lessi dopo.
La persona con cui ne parlavo non è cattolica, ma protestante, quindi di questa festa non ne sapeva moltissimo più di me anche perché, come noterete, è parecchio recente.

Come mi ha fatto notare giusto oggi una mia amica, essere concepite senza peccato originale non dice "sei stata concepita senza atto sessuale", dice solo che non hai ereditato la maledizione di quelli che, secondo la Chiesa, sono i tuoi progenitori. E infatti non c'è scritto da nessuna parte che Maria è stata concepita senza che Anna e Gioacchino si scambiassero i fluidi.
Ah sì?
Aspettate un momento: da quel che ne sapevo io il peccato originale è un po' come una brutta malattia scritta nel codice genetico, te la passi di generazione in generazione. Ma a leggere dell'Immacolata concezione di Maria pare che questa trasmissione ogni tanto faccia cilecca. Capita, molte malattie genetiche non vengono per forza trasmesse ai figli.
E quindi?
Quindi, siamo proprio sicuri che l'abbiamo ereditato tutti questo peccato originale? Come si fa a saperlo, c'è un test? Se ascolti musica da orchestra sei a posto, se sei un metallaro sei Satana? Magari la trasmissione del peccato originale si è fermata millenni fa e la Chiesa ci sta facendo tutti fessi pur di continuare a ricevere il nostro 8x1000!

Oppure, se è impossibile che il peccato originale abbia smesso di trasmettersi, io comincerei a mettere dei dubbi sulla legittima paternità del marito di Anna su Maria.
Mi sembra logico no? Se il peccato originale è l'unico gene che non ti puoi togliere di dosso, come ha fatto Maria a venirne miracolosamente fuori senza? Non viene anche a voi il dubbio che Dio si sia per un momento sostituito al buon vecchio Gioacchino (considerando tra l'altro che il pover uomo era sterile e ci è voluta la visita di un angelo per dirgli, "ehi! diventerai padre!". Sa tanto di già visto...)?

Dio è intervenuto direttamente perché ciò non succedesse? Chiaro, miracolo divino... Oh beh, quindi Dio è un guardone maniaco, punto primo, la Chiesa è in torto marcio contro l'inseminazione artificiale per ben due volte, punto secondo.

Già è sconvolgente che secondo loro coppie che non possono avere figli possano ricorrere a madri surrogate e/o inseminazioni artificiali visto tutto il casino che ha fatto Dio per avere un figlio in terra, ma che impedisca a genitori con malattie geneticamente trasmissibili di avere figli sani quando Dio stesso è intervenuto perché Maria fosse concepita senza peccato originale, è ipocrisia doppia pura.

Non che sia una sorpresa, sotto alla voce "ipocrisia" del Dizionario la Chiesa è il primo esempio.
Alla voce "irrazionalità" invece non c'è nemmeno la definizione, c'è solo scritto "religione cattolica".

mercoledì 7 dicembre 2011

La vittima è il problema

Oggi io e i colleghi siamo andati a pranzo a uno dei nostro posti preferiti e per arrivarci si passa da c.so Peschiera.
Lì abbiamo trovato le strisce pedonali sbarrate e dipinte di nero e, dall'altra parte della strada, la palizzata coperta di fiori. Al che i torinesi del posto mi dicono cos'è successo, che io le cronache le seguo poco.

La notizia e tragica, ma non posso dire che sia una sorpresa.
Torino è fatta di vialoni molto larghi, lunghi e dritti, dove gli automobilisti rispettano il limite di velocità solo in caso di neve e nebbia. Fine. Per il resto sono capaci di andare a 90 all'ora anche in pieno centro, vi lascio immaginare in un corso semiperiferico chilometrico come Corso Peschiera.
Io da quando sono a Torino ho paura ad attraversare la strada anche con il verde e chiedo passaggi ai torinesi solo se pesantemente costretta (che sulle montagne russe si vomita di meno).

Non posso immaginare lo stato della madre in questo momento, con il figlio morto e il marito in coma, ma certo c'è da incazzarsi a sapere che il provvedimento preso penalizza i pedoni (c.so Peschiera è molto lungo e le strisce pedonali sono molto distanti tra loro) e non limita in alcun modo di automobilisti.
E' chiaro che per le forze dell'ordine, anche se stanno facendo di tutto per identificare il pirata, non sono i violatori delle regole del codice della strada il vero problema dell'ordine pubblico, ma le vittime di tali violazioni.
Come sempre direi.

martedì 29 novembre 2011

La colpa non è dell'assassino

Secondo i suoi psichiatri, Breivik non era responsabile delle sue azioni al momento della strage, poiché non capace di intendere e di volere. Infatti secondo loro lui "Vive nel suo delirante universo e i suoi pensieri e le sue azioni sono governati da quell'universo".

Tutte le altre persone però che compiono i suoi stessi gesti proprio perché convinti della stessa cosa, sono terroristi assassini contro cui è legittimo scagliare una guerra preventiva, organizzare un embargo o autorizzare la tortura. Chi invade paesi altrui nella sacra convinzione di dover combattere ogni forma di comunismo perché secondo loro distruggerà il mondo ma fin'ora sono loro quelli che sono quasi riusciti più volte nell'impresa, viene pure dato il permesso di dettare legge. A chi invece vive e si comporta secondo i dettami ideologici scritti in un libro edito più di 2000 anni fa da persone che si pensa fossero sotto l'influenza di un essere mitologico che avrebbe persino messo incinta una donna senza deflorarla e che ogni domenica credono di mangiare la carne e bere il sangue di quel figlio, gli si permette di interferire con l'attività di stato.

No ma sta andando tutto bene. Continuate pure a crederci.

domenica 20 novembre 2011

Sei grasso, quindi non ti amo

Dite un po' voi se non mi devo incazzare.
Un paio di genitori hanno la fobia dell'obesità e affamano la figlia di un anno e mezzo.
Ora, cosa commentare?
L'evidente incapacità di amare un proprio figlio qualsiasi sia la sua estetica, o l'abissale ignoranza in materia di educazione alimentare che vige in quel paese?
Io non so in quale maniera sono riusciti a innalzarsi come fulgido esempio di occidentalità buona e giusta, ma magari è ora di smetterla. Ne abbiamo già avute (e ne abbiamo ancora) a sufficienza di culture che non amano i propri figli, vuoi per cultura, religione o ideologia. Ma che ora non li si ami per l'estetica mi pare troppo, vi pare?

Austerità di sto cazzo

E dire che le prime battute che sono girate su Monti sono state riguardo l'austerità.
Austerità di sto cazzo.
Invece di rilanciare il mercato italiano prendendosi un paio di auto del gruppo FIAT (praticamente son quasi tutte loro) magari a GPL ibride o a Diesel, il signore va in giro su auto d'epoca.
Dall'idea di austerità agli alti consumi e alti costi di manutenzione senza passare dal via (ma vuoi mettere la figura che ci fai?).
Non ci vuole un genio per capire che un auto nuova avrà bisogno di ben poco per tirare a campare per i prossimi due anni, mentre quelle che vuole usare lui hanno bisogno di cure costanti (e  non parliamo di quanto bevranno per farsi solo una ventina di chilometri).
Mi sembra una gran pacchianata, un capriccio, un gesto da "vecchio". Come il nonno che ospitato dai figli prende possesso della camera del nipote, sbatte fuori tutti giocattoli tecnologici e riporta la stanza allo stato in cui si trovava cinquantanni prima.
Io lo so che vi siete tutti scocciati di sentirci battere su questo tasto, ma un governo con l'età media di 63 anni non è in grado di capire le necessità di un paese dove chi ha realmente bisogno di riforme sta intorno ai 30. 
E questa cosa delle auto d'epoca secondo me, qualcosa già dice.

Non raccontate le fiabe ai bambini

Grazie a Once Upon a Time (guardatela!guardatela!guardatela!guardatela!guardatela!guardatela! ma in inglese che in nomi italiani fan proprio rabbrividire) sto riscoprendo un po' di fiabe e una di quelle che di cui non mi ricordavo proprio l'esistenza è quella di Rumpelstiltskin (Tremotino per gli italianofili).
Solo che ora non sono più una bambina e rileggendola dall'alto dei miei 27 ci sono rimasta un po' di stucco che le mamme ogni tanto la raccontino ancora.

In sintesi la storia è questa.
Un mugnaio ci ha voglia di darsi un po' di arie e dice a tutti che la figlia sa filare la paglia in oro. Ma và? Dice il Re, vieni cara che verifichiamo. Ma non ti metto in una bella camera per metterti a tuo agio, ti rinchiudo in una torre (che è bello mantenere le tradizioni) e ti do tre giorni di tempo per filare tutta la paglia che ti ho dato che non me ne frega niente di quanto ci metti di solito, io in tre giorni la voglio e in tre me la darai, se no ti ammazzo (un paio di scapaccioni da piccolo te li potevano anche dare però i tuoi).
La porella, a cui nessuno ha chiesto proprio niente manco se era vero che la sapeva davvero fare quella cosa là, si dispera giustamente, che scemo di un padre una bugia meno impossibile potevi trovarla? Non ci sono riusciti gli alchimisti come posso riuscirci io che manco mi hai mandata a scuola? Ma ehi! Arriva lo gnomo che ti risolve tutto. Ma mica la fa così, che se sai fare bene una cosa mai farla gratis (cit). Primo giorno voglio la tua collana. Il secondo l'anello. Il terzo non hai più niente? Ma proprio nei guai ti ha messa tuo padre, vabeh voglio il tuo primogenito (ma che razza di valuta hanno da quelle parti che un bambino ha lo stesso valore di un anello o una collana? Bel modo di insegnare ai piccoli il valore della vita umana). Il Re entra nella stanza, vede tutto quell'oro e si innamora (ma dai!). Ovviamente il primo figlio arriva (e in tutto questo tempo non le ha mai chiesto di filare altro oro? Ma che te la sei sposata a fare allora?) e ovviamente torna anche lo gnomo. Ma lei ovviamente non ci sta: primo il figlio è suo e poi minimo il Re la giustizia di nuovo (poco clemente prima per una cazzo di bugia figuriamoci se da via il primogenito). Insomma, lo gnomo un po' si commuove e le da una chance: indovina il mio nome in tre giorni (ma che è sta roba dei tre giorni) e ti lascio il pupo (certo che però giocavi in casa con il nome che avevi...). Ovviamente c'è il lieto fine, che ora che la tipa è ricca manda in giro un po' di scagnozzi spioni di cui uno riesce a tornare con la risposta, perché ha visto lo gnomo autocelebrarsi con una filastrocca in cui c'era il suo nome (sì, un po' scema come cosa). Fu così che lo gnomo, l'unico a essere stato onesto dall'inizio alla fine della fiaba vorrei sottolineare, rimane a bocca asciutta, mentre il Re oltre all'oro si è cuccato una moglie (sicuramente priva di tutte le pretese delle nobildonne visto quello che ha passato) e il padre ha la testa ancora sul collo nonostante tutto sia successo per colpa della sua idiozia.

Che si impara da questa fiaba?
Che se tuo padre è un idiota le spese le farai tu, mica lui.
Che la vita di bambino vale quanto un oggetto di bigiotteria quindi occhio a quello che fai prima dei diciotto anni.
Che se ti presenti circondato da un mucchio d'oro ti amerà chiunque.
Che se sei sufficientemente ricco puoi rompere qualsiasi accordo con l'inganno e lo spionaggio anche se il tipo ti aveva tolto le castagne da un gran brutto incendio.

No ma continuate a raccontare le fiabe classiche ai bambini, mi raccomando. Mica vorremmo che uscissero tutti onesti, furbi e responsabili!

Se il desiderio è visto come innaturale

L'eccitazione è una cosa naturale e quindi il trovare attraente qualcuno è normale (nonché cosa buona e giusta). Fin lì credo che si siamo arrivati più o meno tutti, così come molto faticosamente stiamo arrivando alla concezione di: solo perché una è vestita particolarmente bene non vuol dire che aprirà le gambe al primo che le si presenterà e la stupro è colpa mia (pian piano, ma ci stiamo arrivando...).
Loro invece no, battono fissi su quel chiodo che li sta rovinando sempre di più senza che se ne rendano veramente conto.
Fin da piccoli vengono abituati all'idea che il corpo femminile è peccato e che se ti ecciti è colpa della donna, mica tua (povero piccolino, ti si è rizzato? è colpa della strega brutta e cattiva!).
Il nostro cervello è programmato per trovare attraente il corpo dell'altro (o dello stesso, il principio è identico) è normale, è così che siamo riusciti a moltiplicarci fino a 7 miliardi. E' semplice istinto di conservazione. Mortificare e reprimere il desiderio però non lo farà sparire, lo acuirà sempre di più, fino a quando basterà incrociare anche solo per sbaglio lo sguardo di una donna per avere una mezza erezione. Difficile poi che l'abbia incrociato per davvero, perché da quelle parti le donne non sono autorizzate a fissare gli occhi di uno  sconosciuto, quindi ha fatto tutto da solo. Come al solito.
Quindi ora, per il desiderio incredibilmente represso di un uomo che ha dovuto trovare una via disperata per esprimersi, migliaia di donne verranno ulteriormente mortificate. Che poi questo tipo di accuse è l'unica scusa che hanno per interagire con una donna senza violare la legge islamica, quindi dopo gli occhi saranno la camminata, la forma della testa sotto al velo, la voce, fino ad arrivare alla loro stessa presenza in strada.
E quando non avranno più valvole di sfogo?
Chi non ha qualcuno su cui sfogarsi a casa lo farà con il primo che incontrerà per strada per una cazzata.
Quanto scommettete che anche in quel caso non sarà colpa sua?

venerdì 4 novembre 2011

Del desiderio, del rifiuto e dell'imparare a vivere

Ormai ci abbiamo fatto tutti caso. Se desideriamo tanto una cosa, ma non la possiamo avere, questa si fa ancora più desiderabile.
Questo vale per oggetti, cibi, sogni e persone. Soprattutto le persone. Gli oggetti, se risparmi, prima o poi li compri. I cibi se hai delle intolleranze gravi no, ma tra la vita e il cibo non è difficile scegliere. I sogni prima o poi si impara a gestirli o li si dimentica. Con le persone è molto più dura perché tocca anche fare i conti con il rifiuto. Un oggetto o un cibo non ti rifiutano, sono il tuo corpo e il tuo portafoglio a farlo. Ma quando sono gli altri a rifiutarti è come se ti uccidessero.
Il rifiuto è una cosa parecchio tosta perché non ci siamo veramente abituati.

Un esempio a caso: le feste di compleanno delle elementari.
Era quasi scontato che quando un bambino faceva gli anni prima o poi tutti avremmo trovato il biglietto colorato che ci invitava alla festa. Tutti. Nessuno escluso. I nostri amichetti, il bambino che si infila le (tue) matite nel naso, la bambina frignona e il bulletto che ti butta sempre a terra lo zaino. Tutti, perché se lasci fuori qualcuno poi questo ci rimane male.
Ed è lì che casca l'asino.
Perché dovrei invitare alla mia festa di compleanno i bambini che detesto di più o che mi rendono la vita un inferno? Solo perché siamo tutti piccoli, carini e vulnerabili? (Sfatiamo questo mito: i bambini sono crudeli e insensibili più degli adulti).
Non solo invitando tutti la festa per me non sarà una vera festa, ma non faccio capire a loro che non sono miei amici. Ok, ribattete pure che poi il bullo me le suona per farmela pagare, mica è detto che poi non me le suona alla festa o il giorno dopo per ricordarmi chi è che comanda. Almeno per una volta sto SOLO ed ESCLUSIVAMENTE con persone che mi piacciono e dico al bullo di andare a farsi benedire.
Invece no. Tutti amici, tutti belli, tutti assieme appassionatamente. La mia festa farà schifo e non vedrò l'ora che escano tutti di casa (mamma e papà compresi) iniziandoci tutti alla sagra dell'ipocrisia.
In più, né io né i miei compagnucci impariamo a gestire il rifiuto in tempo utile per quando ne riceveremo di seri (primi amori, borse di studio, lavoro, etc...) rischiando molto più facilmente la depressione.
Certo, genitori e maestre hanno ragione a pensare che un bambino ci rimarrebbe male a non essere invitato a una festa, ma magari capisce che se vuole essere invitato la prossima volta magari è meglio se smette di buttarmi a terra lo zaino. Non è che solo perché ho sette anni mi si deve proteggere da ogni bruttura sociale e personae: se ho un carattere di merda, è meglio saperlo per tempo.

Io, ora come ora, un rifiuto non lo so gestire. Razionalmente so che dovrei pensare: "ok, forse non ci sono portato/non è la persona giusta per me/meglio se faccio biologia che arte è un girone dell'inferno con la fila per entrare" ma alla fine mi butto sul classico "faccio schifo". Dicono che in realtà ce la puoi fare a imparare la lezione prima della pensione, io mi accontenterei di riuscirci prima della tumulazione. Chi l'ha dura la vince, no?

Ultima postilla di un post che non trae nessuna conclusione, la festa di compleanno è il primo passo verso il meccanismo molto in voga nei piccoli centri di continuare masochisticamente a frequentare persone che in realtà si detestano, semplicemente perché lo si è sempre fatto/poi si litiga/tanto i posti sono solo tre e mi tocca vederlie lo stesso.
Morale: w le metropoli!

giovedì 27 ottobre 2011

SuperSic

"Ne valeva la pena?"
Il mio capo voleva che fosse questo il tema per un post di un blog di un nostro cliente. Sinceramente mi è sembrato troppo irrispettoso e mi sono rifiutata categoricamente.
E' vero che sembra folle, fare della corsa su una motocicletta sparata a più di 200 all'ora l'obiettivo della propria vita, ma non credo che sia più folle che voler scalare l'Everest, farsi il giro del mondo in solitaria in barca a vela, scendere da pendii innevati su un paio di assicelle, percorrere mezza Europa in bicicletta, etc.
Non puoi scegliere quale sarà la tua passione, il tuo sogno, quello che puoi scegliere è se perseguirlo o meno. Se davvero quel loro correre fosse inutile non lo farebbero e non ci sarebbero migliaia di persone a guardarli col fiato sospeso.
Sic è morto mentre perseguiva il suo sogno e in un istante altri due piloti si sono resi conto veramente di quanto ci vanno vicino a ogni gara. Non c'è nessuna polemica da fare. I sogni sono sogni. Quanto in là vogliamo andare è solo una decisione nostra.

Non seguo il MotoGP da due anni, cioè da quando corre lui. E' stata una questione puramente tecnica non di passione e ora mi dispiace non aver mai visto una sua gara, ma almeno sono stata in grado di difendere la sua memoria.

martedì 25 ottobre 2011

We are all stuck in a moment

Questo è un periodo veramente strano.
Il medio oriente è infiammato dalle rivoluzioni che portano a regimi militari o alla sharia, in Italia si fanno manifestazioni che finiscono con manifestanti che si menano con le forze dell'ordine. Quest'ultime poi pubblicano anche un comunicato stampa che insulta lo stesso governo le cui ragioni hanno appena finito di proteggere. Continuiamo a concentrarci sulle solite due religioni monoteiste a cui attribuiamo tutti i mali dimenticandoci che in realtà tutte le religioni sono un male, non a caso le chiamano l'oppio dei popoli. Il governo non è più in grado di governarci e lo sa ma dice che senza di lui non cammineremo. Guardiamo con passione le rivoluzioni dei nostri vicini di casa e poi li condanniamo per averle concluse nello stesso modo con cui le rivoluzioni si concludono da secoli. Inneggiamo al diritto di satira libera per condannarlo appena colpiscono qualcosa a cui teniamo.
C'è la crisi, tutti sappiamo che è colpa del sistema capitalistico attualmente in uso, ma invece di trovare tutti assieme un modo per sostituirlo (come ha fatto l'Islanda) ci affanniamo a salvarlo, eliminando magari con un colpo di spugna tutti quei diritti che i nostri nonni e genitori hanno conquistato in anni di lotte, sudore, fatica e sangue.
C'è tanta voglia di rinnovamento, tanto desiderio di cambiare e allo stesso tempo, c'è la paura fottuta di farlo.
Siamo sull'orlo del burrone e abbiamo paura di saltare.
Cambiare fa sempre paura. Chi l'ha dovuto fare, magari spesso, sa che esistono tre sentimenti strettamente concatenati che ti fanno arrivare al cambiamento: disperazione, desiderio, volontà. Non puoi cambiare sei sei solo disperato ma senza desideri e volontà, la volontà non sarà mai sufficiente se non supportata dalle giuste motivazioni e il desiderio rimane solo un sogno se ti manca la perseveranza di portarlo avanti. In ogni caso, anche quando finalmente ci decidiamo a cambiare, fa paura. Possiamo essere eccitati ed euforici, ma avremo sempre paura.
In teoria noi in questo momento dovremmo essere sia disperati, che volenterosi, che desiderosi. Anzi dovremmo essere persino frustrati ed esausti di tutte le fregnacce, le bugie i continui voltagabbana.
Dovrebbe essere facile, ma in realtà non siamo niente. Non siamo sufficientemente disperati, perché la sera torniamo a casa con il riscaldamento acceso, il digitale terrestre e il frigorifero qualcosa da mangiare ce lo darà. Non siamo abbastanza volenterosi perché già scendere in piazza e fuggire appena cominciano a volare i san pietrini è un atto di enorme coraggio, figuriamoci cominciare ad occuparla. Le nostre energie sono già spese per seguire altri desideri nei quali rimettere in sesto una nazione evidentemente non fa parte.
Là, dove hanno appena ucciso un dittatore per instaurare uno stato religioso, erano disperati. Erano frustrati. Erano furiosi. Si sentivano tenuti in ostaggio e repressi, non ne potevano più. Volevano qualcosa di diverso, lo volevano e lo sognavano con tutte le loro forze. Per questo sono insorti e non si sono fermati finché non hanno eliminato quello che per loro era d'ostacolo ai propri desideri.
Qui abbiamo un qualcosa di blando che ci lascia vivere comunque un po' come vogliamo, o almeno ce ne lascia l'illusione. Perché non glie ne frega un granché a nessuno della crisi, finché le misure per contrastarla non gli fanno perdere la casa. Non importa a nessuno delle riforme sul diritto del lavoro, finché il capo non lo convoca nel suo ufficio dandogli un preavviso di pochi giorni. Non importa a nessuno della continua ingerenza della Chiesa negli affari di Stato e del lecchinaggio dei potenti nei suoi confronti, finché non ti impediscono di sposarti con la persona che ami, di accedere all'aborto terapeutico con  urgenza e migliaia di euro che potrebbero essere spese nelle istituzioni finiscono nelle loro già fin troppo straripanti casse.
E poi ci manca la coesione, ci manca lo sguardo di insieme, ma soprattutto ci manca la capacità di fare le cose dal vivo. Persino quando ci interessa qualcuno andiamo prima sulla rete per cercarlo che a parlare con lui. Questo dovrebbe dirci molte cose, no?

Finché rimaniamo fermi nel nostro impasse personale, non è un gran dramma, prima o poi ne usciremo, ma quando è tutto il mondo occidentale a esserci dentro comincia a essere un grosso problema. Non trovate?

martedì 18 ottobre 2011

La partita di calcetto

Due settimane fa è accaduto finalmente: lo scontro maschi/femmine aziendale!
E tutto per un'innocua partita di calcetto.

Il malaugurato organizzatore ha mandato una mail alla lista interna (cioè a tutti, dipendenti, capi, topi e scarafaggi) la proposta di organizzare una partita di calcetto settimana prossima. Che c'è di  male? Anzi, che bello! Era parecchio che nessuno organizzava una serata generale.
Com'è, come non è, io gioco, io guardo, io vengo a cena.
Finalmente arriva: ehi, ma non è che possono giocare anche le donne?
Domanda legittima, che di solito giocano solo i maschietti ma mica lo dicono prima, si organizzano e poi dicono: "venite a vederci???".
La risposta non era proprio un sì pieno, ma autorizzava e quindi siamo in tre a dire di sì.
Solo che al riepilogo dei giocatori noi manchiamo. Oh! E noi??
Com'è, come non è, ma siete sicure, ma davvero volete, ok giocate.
E finalmente arriva! La mail della vittima sacrificale di turno un po' scherzosa, ma nemmeno troppo in realtà, che per farla breve spiegava che in campo loro volevano menarsi, mica stare attenti a come si muovevano perché c'erano le fragili fanciulle di mezzo che se gli fai male poi son cazzi.
Fischi, urli e insulti a vuoto, che il furbo ha pigiato "invia" ed si è smaterializzato nello stesso istante.
'affanculo, la prossima volta organizzatevi tra di voi e a noi ci invitate dopo, no?
Risposta mia, ma senza il vaffanculo che la convivenza aziendale è una cosa che va coltivata con cura e non vale la pena di rovinarla per una partita di calcetto (il fatto che il solo guardarlo mi provoca una crisi ormonale non centra, giuro).
Il giorno dopo l'organizzatore ci mette mezz'ora a convincermi a giocare e ci riesce facendo leva sul senso di colpa di abbandonare le altre due al loro destino.
E vuabbò, ok (anche perché se non giochiamo non giocano manco loro, tanti sono i maschi che vogliono menarsi).

Oggi comunicazione: campo prenotato, si gioca!
Alèèèè!
La vittima sacrificale punzecchia un po'. Un lady ci dà pacco (per Checco Zalone poi, vergogna!). Riepilogo dei partecipanti (due recuperati tra le ex-file addirittura). Mazzata finale: uno dei tre boss vuole giocare.
Argh!
Vuoi mica dirgli di no?
L'organizzatore giubila. Che può fare povero? La prossima volta si farà i cazzi suoi (e addio pure alle serate tutti assieme...).

Ora, non ci sarebbe veramente bisogno di spiegare le implicazioni di una presenza autoritaria a una serata goliardica tra colleghi: lingue ben silenziate, nessuna battuta cretina su/paragoni con clienti, zittire tutte le polemiche. Cazzo, che noia.
Ma la beffa, è che quella partita come una "cosa maschia" a quanto pare non era proprio destino che lo fosse.
Voglio proprio vederli io, i grandi maschioni, ad aver voglia di menare colpi bassi con un capo in campo, e mica uno qualsiasi, ma quello che fa i conti degli stipendi.

Insomma, sono indecisa. Sfotto o non sfotto?
Sarei per il no: il capo in campo mi mette relativamente al riparo da una mazzata pazzesca con relativo "te l'avevo detto che non eri in grado di giocare" (sì perché io me la son sentita pure dal vivo la cosa dell'inferiorità fisica femminile), ma la serata la rovina anche a me.

Insomma, la morale della favola è sempre la stessa: se vuoi organizzare una partita di calcetto, fallo tra le mail private e non in lista interna!
Speriamo che almeno alla cena post-partita non venga.

giovedì 6 ottobre 2011

La fine delle ere

Penso a Steve Jobs e al suo impero.
Penso a lui e a tutti quelli che ci stanno lasciando, lentamente e inesorabilmente. Penso a come il mondo sembri sempre più vuoto dopo che le persone che hanno contribuito a renderlo tale se ne vanno.
Jobs non era un mio Guru, ma anch'io ho pianto i miei miti e li vedo andare via con rabbia e dolore.
Dolore, perché anche se non li ho mai conosciuti hanno comunque condizionato in parte la mia vita e sicuramente sarà diverso senza di loro, rabbia perché non c'è nessuno a prendere il loro posto.
Sono nata e cresciuta in un'epoca in cui i Grandi erano già lì, in cui l'era del "pianto un seme e lo faccio crescere" non era già più possibile. Perché ci sono troppi ostacoli, troppi parassiti, troppe distrazioni e soprattutto troppe rovine da abbattere e sterpaglie da bruciare. Perché è difficile costruire in un posto dove è già presente un solido e potente complesso di grattacieli che non si può smuovere. Era sicuramente più facile per chi quel complesso l'ha costruito, perché lui ha trovato un campo incolto.
Ci sono ancora nel mondo pianure su cui costruire? Nuovi spazi da esplorare?
Io ho il terrore di un giorno futuro, in cui ci sveglieremo la mattina e ci renderemo conto che tutti quelli che ci hanno portato dove siamo ora, non ci sono più. Che faremo allora? Ci chiuderemo in casa a guardare i vecchi film snobbando i nuovi, vestiremo solo vintage e guarderemo con nostalgia alla vecchia tecnologia analogica? Che faremo quando ci renderemo conto che il mondo è vuoto? Che non ci sono più persone in grado di tracciare nuove strade ma stiamo vivendo ancora sulle vecchie?
Oggi se ne è andato uno che ha disegnato una cartografia mondiale.
Ci sarà ancora qualcuno visionario quanto lui?

mercoledì 5 ottobre 2011

Le schiave moderne

Gramellini lo dice proprio bene.
Lunedì la notizia mi era arrivata (sì, Vasco non ha occupato tutti i miei pensieri) e leggendola non si capiva bene cosa fosse successo. In ogni caso di primo acchito sembrava che non fosse tanto colpa dei proprietari, quanto degli addetti ai controlli (a sentire i testimoni almeno).
Devo ammettere che parlando di "maglificio" e "palazzina" mi aspettavo un edificio industriale, poi però vedendo le foto le dimensioni non mi tornavano proprio: quello era un piccolo condominio circondato da altri piccoli condomini, non era un edificio industriale. Dove diavolo era il maglificio?
La conferma dei morti, tra cui la ragazzina figlia dei proprietari che li ha messi al riparo sul momento da ogni critica. Poi gli articoli di oggi.
Mi dispiace che sia stata la figlia a pagare, ma come dice Gramellini, quella era una succursale degli schiavizzatoi cinesi e i proprietari erano degli schiavisti.
Quello era un edificio pericolante e le operaie lavoravano in un seminterrato senza uscite di sicurezza. Senza nessuna sicurezza. La ragazzina e le quattro donne sono morte per l'inadempienza e disonestà dei genitori, tutte vittime innocenti di questo menefreghismo dei diritti umani e civili che la crisi sta giustificando.
Per non parlare poi dell'ignoranza, del non voler capire che se vengono fatte delle leggi e delle regole per sicurezza dei lavoratori non è per spillare più soldi ai proprietari, ma per impedire che quattro giovani donne, madri di figli piccoli, crepino sotto le macerie di un palazzo pericolante.
Nella loro ignoranza e arroganza hanno ucciso anche la figlia e gli toccherà pagare anche per questo. O almeno lo spero.

martedì 4 ottobre 2011

Ancora Vasco

Scusate, torno su Vasco perché è una cosa a cui tengo. Non Vasco, ma la rete.
I legali di Vasco e la portavoce si sono difesi dicendo che un conto è la satira un altro la diffamazione.
Il problema naturalmente è sorto nel momento in cui gli admin hanno deciso di scioperare perché nonostante la loro disponibilità a collaborare già un anno fa, si sono ritrovati tutti convocati dalla polizia postale e la querela non era stata ritirata.
In effetti c'era da incazzarsi.
Lo sciopero era per informare nella maniera più veloce (e certo, anche eclatante) possibile, i propri utenti di quel che stava succedendo. Ha funzionato così bene che Wikipedia oggi li ha imitati.
Ora, io non ho le statistiche del sito, ma sono sicura che non fossero così ingenti da giustificare un simile dispiegamento di forze da parte dei portavoce di Vasco Rossi. Se si fossero fatti un bel giro nel sito, avrebbero trovato decine di pagine di suoi colleghi conciate anche peggio. Sono ragazzini, ragazzini a cui piace dissacrare tutto e tutti e non si limitavano a satireggiare su fatti realmente avvenuti ma ci aggiungevano della fantasia (crudele, ok, ma il primo giornalista che tra le sue fonti avrebbe citato Nonciclopedia sarebbe stato radiato dall'albo per idiozia).
Il tutto è stato un boomerang, in più sensi.
La pagina di Vasco è stata sommersa di insulti (siamo partiti bene con critiche costruttive, poi tutti gli utenti di Nonciclopedia si devono essere svegliati ed è partito il linciaggio. Su questo, chiariamoci, non sono d'accordo nemmeno io). I legali e la portavoce, dopo ore di silenzio (e qui, ce ne sarebbe da dire), hanno finalmente parlato. Male. Loro e la comunicazione su web sono due mondi a parte ed è chiaro che è ora che assumano un ufficio stampa che sappia come fare quel tipo di lavoro. La pagina ha chiuso i commenti liberi (riaperti poco dopo perché a quanto pare il consulente di social marketing deve essersi svegliato anche lui e gli ha dato una bella alzata. O almeno lo spero). E poi, puntali come il Natale, i ben pensanti si sono scatenati dicendo cose trite e ritrite come: "Ma non avete proprio altro a cui pensare? Lo sapete che c'è la crisi? E gente che crepa sotto le macerie? E assassini rimessi in libertà?". Certo, e lo sappiamo. Credetemi un giorno in più o in meno non ha fatto nessuna differenza per queste notizie. La faceva invece per questa, perché l'azione era lì e ora, non domani o dopo. Lì e ora.
Comunque nessuno può dire che non è servito visto che ora finalmente il dialogo tra il legale di Vasco e gli admin di Nonciclopedia si è riaperto e in maniera positiva (loro non hanno mai smentito la versione dei nonciclopediani, perciò temo che il muro di silenzio fosse più che vero. Che vergogna).
Un'ultima cosa mi viene da dire a buonisti del "Ma occupatevi di cose più serie": era seria. Magari pensate di no, magari avete ragione, ma in quel momento contava. Ha contato. Tantissimo. Abbiamo rimesso a posto l'idolo intoccabile di Italia in poche ore, vi pare un risultato da poco?
Ha detto anche una cosa importante: attaccateci e ci difenderemo. Voi  non vi rendete conto che se siamo fondamentalmente incapaci di ritrovarci tutti e quanti in piazza per manifestare il nostro dissenso, siamo invece infallibili in rete. Invece di lagnarvi perché secondo voi sprechiamo tempo, imparare a sfruttare questi meccanismi non sarebbe più utile?
Capire come coinvolgere tutta quella massa di tensione, rabbia e reazione e spingerla contro un obiettivo reale e importante, non sarebbe una tattica vincente?
Perché i tempi sono cambiati, noi siamo cambiati, le armi sono cambiate.
Se la rete non fosse così potente com'è non tenterebbero di imbavagliarla.
Pensateci.

Wikipedia sciopera

La rete è un po' così, uno fa un'azione degna di nota e la prima cosa che succede è che viene imitato. In questo caso dalla copia originale, cioè Wikipedia.
Visto il casino successo tra Vasco e Nonciclopedia, anche gli amministratori del sito devono aver pensato: "Se funziona con loro...". Non che io stia parlando di plagio, per carità, è solo una buona idea che viene utilizzata e mi rammarico che non sia successo prima. Nell'ultima ora chiunque abbia provato a fare una ricerca in rete cliccando fiducioso come al solito sul link di Wikipedia in questo momento si starà facendo venire un attacco d'ansia.
Ed era ora, direi io.
Il comma 29 del DDL Intercettazioni può agire su qualsiasi "sito informatico", il che significa anche Wikipedia. Significa che nonostante la rigida politica di citare sempre le fonti da cui si prendono le informazioni, qualcuno non soddisfatto che sulla sua pagina ci sia il riferimento a quella volta in cui si è drogato ed è stato ripescato nudo da un canale di Venezia, può citarli per diffamazione. Poi i citati potranno portare in aula migliaia di foto internet e articoli di giornale a sostegno della loro innocenza, ma intanto sono soldi e tempo, che di solito il popolo della rete non ha (altrimenti, dico io, difficile che saremmo il popolo della rete). Senza contare che i querelanti vorranno gli utenti singoli e Wikipedia dovrà scegliere se andare contro la loro privacy o rischiare in prima persona.
Bello vero?
Metilparaben ha fatto un esempio estremo di cosa potrebbero andare le cose se il comma passasse.
Ieri la faccenda Vasco/Nonciclopedia è stato solo un assaggio prematuro.
Se il DDL passa per intero, noi potremo anche indignarci la prossima volta, ma non servirà a niente. Certo la faccia ce la perderanno, ma uno molto accanito potrebbe tentare di bloccare qualsiasi tipo di comunicazione diretta tra il denunciato e i suoi utenti, fino al giorno in cui la censura sarà completa.
Certo non sarà mai completa: esistono piattaforme di blogging che a differenza dei normali provider (tra cui c'è anche questo), non rilasceranno mai e poi mai informazioni sui propri utenti. Una di queste è Noblogs (bisogna cominciare a farci un pensiero), però la questura sarà autorizzata a ordinare alla polizia postale di oscurare il sito, di impedire l'accesso agli utenti. A quel punto bisogna essere bravi quanto i wileakiani e cominciare a cambiare ip a nastro riuscendo a comunicarlo ai propri utenti, ma chi si sbatterebbe davvero così tanto per un blog?
E' così che vogliono fare, prenderci per sfinimento.
Non sono neanche settantanni dalla caduta del fascismo e già siamo di nuovo dentro a una spirale di dittatura. Visto gli esiti di tutte le rivoluzioni io non è che auspichi veramente alla rabbia delle masse... ma prima o poi dovremo incazzarci. Non credete?

lunedì 3 ottobre 2011

Vasco Rossi: l'uomo piccolo e frustrato

Nonciclopedia chiude.
Magari siete contenti. Magari siete quelli che andando sulla pagina del proprio/cantante/attore/stilemodaiolo preferito vi siete fatti il sangue amaro, magari siete anche voi dei piccoli idioti che credono che l'"ironia" e "senso dell'umorismo" siano roba che si mangia.
Al "caro" signor Vasco, il Re del "Eeeeh" "Oooooh", che quando fa troppa fatica ad pensare e articolare due parole messe in croce deve per forza fare un vocalizzo da barbone ubriaco alla fase terminale di cirrosi (di cui ha anche l'aspetto tra l'altro), posso solo dire: vaffanculo.
Le tue canzoni mi rompevano già abbastanza i coglioni così, che ogni volta che un tuo vocalizzo stonato veniva passato alla radio tutti sbavavano manco fosse apparsa la Madonna piangente sangue in persona, ora pure Nonciclopedia hai dovuto far chiudere.
Sei proprio un uomo piccolo, uguale identico a tutti quei fascisti che stanno cercando di censurare la rete a suo di decreti, denuncie e quant'altro, e invece dovresti essere dall'altro lato, dalla liberta di espressione e di pensiero, della trasgressività. Non era così che ti ponevi? Come il leader del trasgressivi?
Ma naturalmente se il simbolo attaccato sei tu non vale, giusto?

A tutti quelli che mi hanno pigliato per il culo per anni per i miei gusti musicali mentre io dovevo mordermi la lingua perché Santo Vasco non si tocca, un grossissimo enorme Vaffanculo pure a loro.

sabato 1 ottobre 2011

L'oroscopo non ci prende

Nessuna novità in questo. Peccato che a dirlo sia una deputata attualmente seduta in parlamento che invece di parlare dello stato del paese si mette a pontificare sul fatto che gli oroscopi non valgono più, perché adesso si usa il parte cesareo.
Sì perché prima invece erano un fulgido esempio di scienza infallibile su cui fare affidamento.
Capiamoci, questa gente ci governa.
Davvero siamo stupiti dell'attuale stato finanziario del paese?

venerdì 30 settembre 2011

Legge bavaglio reprise

La legge bavaglio torna alla luce. Di nuovo.
Seriamente, sta cominciando a venire a noia.
E' come un tormentone venuto male, non fa nemmeno ridere.

Questo naturalmente sarebbe uno dei primi blog a poter essere fatti oggetto di causa se mai venisse letto dalle persone che nomino. Certo non faccio fatica ad immaginarmi soggetti paranoidi che pagano ingaggiano scimmiette appena laureatae per passare al setaccio tutto il web e trovare blogger che parlano male di loro. A 12.000 euro a botta possono pagarsene un bel po' di tangenti.

E' un po' patetico, non pensate? Credersi talmente superiori a tutto e tutti da voler impedire a chiunque di parlare male di sè. Un po' triste e dannatamente arrogante. Un tentativo idiota di cercare di tornare a uno stato di signoraggio feudale: io padrone, tu servo. Una volta ci si faceva scudo con dio e il sangue blu, ora coi soldi. Ma se ci riuscissero credo che comincerebbero a blaterale di sangue nobile pure loro, cercando di nascondere completamente le origini del bisnonno contadino. E potranno anche provarci ma ciò non significa che mi impediranno di pensare che loro e tutta la cricca siano braccia rubate all'agricoltura. Il diritto di parola, pensiero e opinione fa parte dei diritti fondamentali dell'uomo e ho intenzione di esercitarlo fino in fondo.

Che poi in Italia c'è questa orrida mania di voler pretendere rettifiche su fatti realmente accaduti. Il giorno prima un politico (a caso) dice che i neri son tutti froci (un insulto a caso su qualcuno a caso), il giorno dopo scoppiato il bailamme va a dire che non è vero, che è stato frainteso, era doppiato.

Vai te a capire, eppure non ci vuole un genio per rendersi conto che se dici una stronzata qualcuno poi ti pela e pure a fondo. Io sono contro l'uso della violenza nell'educazione, ma se mamma e papà avessero dato quei dannati scapaccioni in più al momento giusto, secondo me ci saremmo risparmiati un bel po' di idioti.

lunedì 26 settembre 2011

Lo stato di polizia

A me fa ridere Berlusconi, che dice di vivere in uno stato di polizia.
Lui una situazione così non l'ha vissuta, l'ha creata. Più di una volta.
Lui non è mai stato in mezzo alla folla, a manifestare pacificamente per le proprie idee, ritrovandosi a terra, malmenato e poi in cella, aspettando per ore di poter andare in bagno o bere o mangiare o venire medicato, in piena violazione dei diritti umani.
Lui non è mai stato prelevato dalla strada una sera morendo pochi giorni dopo per cause mai esplicate del tutto.
Lui non è mai stato preso a bastonate perché stava passando vicino a una manifestazione.
Lo stato di polizia che vive lui, la persecuzione che si sente addosso lui, è quella del bulletto che non capisce perché ce l'hanno tutti gli vogliono male. Che frigna che non è giusto mentre è in castigo per aver rotto apposta il giocattolo del fratellino. Che dà della stronza alla maestra che l'ha mandato dal preside per aver aggredito un compagno di scuola. Che sputa sul buttafuori che lo caccia a pedate fuori dal locale per aver molestato le cubiste.
Noi lo viviamo lo stato di polizia, non lui. Lui, dall'alto delle sue torri d'avorio ad Arcore, circondato da quei poliziotti che tanto disprezza ma di cui non manca mai di attorniarsi, merita di vivere in uno stato di costante terrore del palesarsi della legge.
Noi, che la legge la seguiamo e seguiamo tutte le procedure civili, sociali e legali per far valere i  nostri diritti, quando ci troviamo di fronte dei fascisti rabbiosi armati di manganello, cosa diavolo dovremmo dire?

Ciao Sergio

Non me l'aspettavo.
L'avevo visto l'anno scorso a una conferenza alla Holden a cui aveva partecipato anche Tito Faraci. Mi era sembrato ancora giovane, sicuramente non gli davo più di 70 anni. Per questo non me l'aspettavo.
Vagliava ancora tutte le serie a fumetti, discuteva con gli autori, gli piaceva scoprire nuove storie. Era veramente un grande personaggio. Mentre parlava la sua passione per i fumetti era tangibile e contagiosa, per chi già li amava era veramente emozionante. Era bello averlo davanti, sapere che esisteva per davvero.

Il primo bonellide che mi è capitato in mano era ovviamente un Tex. Non abbiamo cominciato tutti così? O con un Tex o un Dylan si inizia, non c'è molta scelta. Poi però si cresce e un giorno in edicola scopri che in realtà il mondo Bonelli è immenso, che ce n'è per tutti i gusti.
E allora ti infogni in Julia, in Dampyr, in Nathan Never. Ti butti sulla novità delle "mini" serie, i romanzi a fumetti. Scopri Enoch e le pubblicazioni annuali di Altrove. Diventi un esperto senza nemmeno accorgertene, cominci a imparare i nomi dei disegnatori e degli sceneggiatori, puoi fare paragone tra gli uni e gli altri, tra le varie annate. Un mondo di infinite possibilità che sembrava non dovesse morire mai.
Poi un lunedì apri Facebook e vedi Makkox che ha pubblicato un disegno di Zagor, leggi i commenti e ti viene la pelle d'oca.

Sergio Bonelli non ha fatto il fumetto italiano, lui era il fumetto italiano. Aveva un gusto meraviglioso per le storie, una passione sfrenata per i fumetti e ci ha educati tutti, ci ha cresciuti tutti. Ha modellato lo stesso mercato sui suoi fumetti: quanti editori possono dire di aver dato il nome a un formato editoriale?
Si dice forse marvenellide o dcnellide?
In Italia solo l'Astorina e la Disney pubblicano in un formato diverso. La Star Comics che ha appena iniziato a pubblicare lo fa in bonellide.

Non lo conoscevo di persona, alla conferenza non sono nemmeno riuscita a trovare il coraggio di stringergli la mano, ma mi mancherà. Mancherà a tutti.

Grazie di tutto Sergio, ciao.

domenica 11 settembre 2011

11/9

E' sempre molto difficile scrivere dell'11 Settembre.
Si rischia di scrivere luoghi comuni, frasi trite e ritrite, polemiche, retorica, ricordi.
Così credo che non scriverò niente, a parte che oggi anch'io ho ricordato, ho ascoltato alla radio le voci di chi c'era e di chi non c'è più e ho pianto con loro.
Per le polemiche ci sarà tempo un altro giorno, oggi ricordiamo chi è morto quel giorno e chi ha continuato a morire da allora per le decisioni di una manciata di uomini.


venerdì 9 settembre 2011

Barbie Girl era geniale

A quanto pare Barbie Girl è stata votata come canzone più brutta degli anni '90, il che la dice lunga su quanto le persone non capiscano una beata minchia.
Io Barbie Girl l'ho adorata. L'ho imparata a memoria, ho registrato il video da Mtv, ho registrato la canzone dalla radio, me la sono tradotta con il dizionario. La amavo. Ho comprato quel disco degli Acqua solo per lei.
Avevo tredici anni, odiavo i Take That e quello credo sia stato il mio primo guizzo femminista.
Perché?
Mistero della fede! Vediamo un po' il testo và.

I'm a barbie girl, in a barbie world 
Life in plastic, it's fantastic! 
you can brush my hair, undress me everywhere 
Imagination, life is your creation 

Questo non è altro che il grido di battaglia della Mattel, ma esplicato.
La Barbie è una bambola e tu puoi effettivamente fargli un po' quel piffero che ti passa per la testa, tanto è una bambola, non si lamenterà mai.

Sono una Barbie, che vive in un mondo Barbie e la vita nella plastica è fantastica.
Sono una ragazza finta, che vive in un mondo finto e la vita nella finzione è fantastica.
Sottotitoli per chi non ci arriva: chi te lo fa fare di vivere nel mondo reale, brutto, sporco e cattivo? Fai finta di niente e vedrai che bella vita!

Ok, magari l'ultima frase a tredici anni non l'ho proprio formulata così, ma ci ero arrivicchiata.
L'ultimo verso potrebbe essere invece il grido di battaglia di The Sims, Second Life e tutti quei fantastici giochi di ruolo in cui si finge di essere un personaggio digitale e ci si crea la vita dei propri sogni. E dire che manco esistevano allora.

I'm a blond bimbo girl, in a fantasy world 
Dress me up, make it tight, I'm your dolly 
You're my doll, rock'n'roll, feel the glamour in pink, 
kiss me here, touch me there, hanky panky... 
You can touch, you can play, if you say: "I'm always yours"

Questa non è altro che la replica della prima strofa: sono una bambola, puoi farmi quello che vuoi, perché tanto sono una bambola e ti appartengo.

Poi il ribaltone, canta Ken:
"Tu sei la mia bambola, rock'n'roll, segui la moda del rosa, baciami qui, toccami lì, hanky panky (che secondo le traduzioni è: facciamo sesso)".
L'uomo che dice alla donna: tu se la mia bambola dai facciamolo. Dichiarato, così, semplice semplice, in una canzone di un gruppo pop per ragazzini.

E poi lei riprende: Puoi toccare, puoi giocare, se dici: "Sono sempre tuo", e qui si entra nel tragico e perverso gioco delle possessioni, che è poi l'unico motivo per cui esistono le relazioni monogame.
Non è che solo gli uomini hanno desiderio di possesso, è un male diffuso tanto da una parte quanto da un'altra (sottile differenza, gli uomini quando vedono la propria "proprietà privata" prendere il volo di solito reagiscono un tantino violentemente... noi almeno ci limitiamo a rompere i coglioni. Tanto, ma solo quello).

Make me walk, make me talk, do whatever you please 
I can act like a star, I can beg on my knees 
Come jump in, bimbo friend, let us do it again, 
hit the town, fool around, let's go party 
You can touch, you can play, if you say: "I'm always yours" 
You can touch, you can play, if you say: "I'm always yours" 

E questa è la continuazione della lezione n° 1 di: Come una donna dovrebbe essere secondo l'immaginario maschilista.
"Fammi qualsiasi cosa per favore"
"Posso implorare sulle mie ginocchia" (che poi non era vero, mica si piegavano le ginocchia alla Barbie!)

La più classica fantasia e desiderio maschile lì, spiattellati tramite la parodia di un giocattolo per bambine.
D'altronde la canzone non nasconde affatto che l'unico desiderio di Ken è farsi Barbie, mentre lei continua a gingillarsi con l'idea di amore (eccerto, è cresciuta come una stupida Barbie!). Che la Mattel si sia incazzata per questo poi è abbastanza ipocrita, credo non ci sia stata nessuna di noi che al sorgere delle prime pulsioni ormonali, non abbia spogliato Barbie e Ken facendoli copulare (che poi, vogliamo parlare del fatto che lei era anatomicamente giusta e lui... castrato?) e penso che loro l'abbiamo sempre sapito.

Il continuo ritornello:
Come on Barbie, let's go party! 
(Ah-ah-ah-yeah) 

e la fine del video non è altro che il corollario al tutto.

Il mondo stava cominciando a riempirsi di ragazzini che dalla vita volevano solo fare festa, avere fidanzati bellissimi e passare la vita nella frivolezza, ovvero gli anni '50 pari pari. Che regresso allucinante, ed era solo il '97.

Barbie Girl all'epoca non è stata molto capita e tutti si divisero tra: ma che stupida! ma che carina, come si balla bene!
Anch'io devo ammettere che buona parte del mio amore arrivò grazie alla Mattel, che gli fece causa. Anche se poi la fecero passare come una semplice parodia, questa è e resta una delle critiche migliori fatta del vero significato della Barbie e della società patriarcale in genere.

La Barbie è esattamente così: finta, frivola, stupida e insegna alle bambine un modello di femminilità deleterio e sbagliato (mentre Big Jim dall'altra parte si impegnava a insegnare ai bambini come essere un vero macho).
Che l'abbiano dovuta scrivere un gruppetto pop che viene preso in giro ancora adesso, la dice lunga su quanto i tempi siano pronti per ammettere che metà della popolazione mondiale viene educata dai giocattoli a un modello di vita repressivo.

E comunque il video è geniale.
W Barbie Girl!

(Testo della canzone preso qui)


domenica 4 settembre 2011

Riflessione blanda sui luoghi comune di genere

Dai, facciamo questo giochino ormai stra-abusato che è elencare i luoghi comuni sulle femminucce e distruggiamoli senza pietà.
Perché? Così, mi annoio. E già che ci sono ne userò qualcuno maschile, così per ridere.

Alle ragazze piace tenere e pulita e ordinata casa
Le ragazze devono tenere pulita e ordinata casa perché tu, lurido facocero pigro e viziato, piuttosto che buttare un calzino nel cestone della biancheria sporca ti fai venire il colpo della strega psicosomatico.
Il riordino di casa mia è una vera e propria battaglia che combatto solo quando mi devono arrivare ospiti, se no è una serie di guerriglie tra io che inciampo e la roba che si ostina a starmi davanti. Quando poi devo fare la lavatrice perlustro ogni angolo della casa perché sono in grado di nascondere i calzini anche tra gli archivi delle serie di fumetti concluse. Anzi, ne ho appena perso uno, è nel vostro cestone per caso?

Le ragazze sanno cucinare
Vabeh, un po' anni Cinquanta questa. Risale all'epoca in cui le bambine da future donne di casa dovevano stare attaccate alla gonna della mamma e aiutare in cucina. Per forza che imparavano a cucinare. Eppure non tutte ci erano portate tant'è che film e telefilm sono pieni di crudeli prese in giro nei confronti di quelle poverette che proprio non ci avevano talento. Cretini. Cucinate voi se vi fa tanto schifo, no? Due mani le avete tali e quali a noi, il cervello chissà.
Io per mio conto ho cucinato davvero molto poco nella mia vita (e per cucinare non intendo saper fare la pasta, l'uovo in camicia o cuocere un paio di wusterl, quella non è cucina, è mera sopravvivenza) per un paio di fatti: mi annoia, mi annoia lavare piatti e pentole dopo, se c'ho fame c'ho fretta.

Le ragazze sanno fare la lavatrice
Mica c'è bisogno di una laurea, basta leggere il libretto delle istruzioni, le etichette sulle magliette e connettere quei due neuroni che vagano nel vuoto siderale. Non è difficile, no? E poi i pasticci li fanno tutti, se siete culati e avete una mamma nata negli anni '60 ci potrebbe essere soluzione se no... beh, no.

Le ragazze sono pettegole
E voi, razza di ipocriti che non siete altro, lo siete anche più di noi, perché ci provate una specie di piacere perverso a poter sparlare di qualcuno, non negatelo. E come venite a chiederli a noi poi!

Le ragazze vanno matte per i saldi
Sì, di libri! Aneddoto: io e la mia dolce sorellina (che ora si veste da pin up) siamo andate un giorno a Milano alla scoperta dei fabulosi negozi di vestiti per comprarci qualcosa in saldo col bancomat della mamma. Non abbiamo trovato una sega, faceva tutto schifo, così ci siamo fiondate alla Feltrinelli di Piazza del Duomo comunicando via sms le nostre intenzioni. La risposta è stata questa "Adesso sì che ho paura...". Lei è tornata a casa con la raccolta completa di Anne Rice, io non me lo ricordo più, ma un 150 euro di libri ce li saremo ben fatti.

Le ragazze passano ore a scegliere un vestito
E voi  no eh? Io a una prima occhiata dalla vetrina so già se il negozio mi interessa o meno. La passeggiata al mercato è proprio tale perché mi fermo solo se vedo qualcosa che mi colpisce e se lo fa di solito è già mio. Il mio ex invece una volta mi tenne 40minuti (40!) in un negozio di scarpe prendendo in visione anche 4 volte diversi paia che già alla prima occhiata non lo convincevano, ma doveva esserne sicuro. Quando doveva comprare i pantaloni dovevo prepararmi psicologicamente due settimane per sopravvivere. Fatemi il favore eh.

Alle ragazze piacciono solo il film d'amore
Se un giorno incontrassi un tipo che per abbordarmi mi porta a vedere una stupida commedia romantica mentre nella sala accanto c'è un film della Pixar o un fantastico hard boiled, non mi lascerei nemmeno riaccompagnare alla fermata del bus.

Le ragazze sanno cucire e stirare
Eh... no. Sapete non è che nasciamo col dna programmato per le incombenze domestiche eh, qualcuno ce le insegna da piccole queste cose. Certo che se da piccole preferiamo giocare con il fango e le macchinine, correre in bicicletta o semplicemente leggere, non ce ne potete fare una colpa.

Le ragazze sono romantiche
Romanticismo? Scusate, devo cercarlo sul dizionario. Ah, le vaccate sentimentali. Uh che palle, che danno sull'altro canale?

Alle ragazze piacciono i tacchi alti
A voi piace quando li mettiamo, noi ce li facciamo piacere perché introiettiamo la vostra perversa idea di figura femminile come nostra. Davvero, li avete mai provati? Sono scomodi, ci costringono a fare passi corti, non possiamo correre se non in maniera veramente ridicola e rischiamo di fracassarci una caviglia costantemente. Non parliamo poi degli effetti deleteri a lungo termine. Sul serio, se potessi tornare indietro nel passato, troverei gli ideatori di questa tortura e glie li infilerei dove dico io sto dannato tacco. Sono sicura che gambe e glutei risalterebbero anche su di loro.

Boh, per ora ho finito. A qualcuno viene in mente altro?


sabato 3 settembre 2011

L'amore precario

In lista c'è una discussione bellissima che poi è sfociata anche in questo post di FAS.
Mi sta colpendo molto perché è il mio pensiero degli ultimi mesi: ovvero basta con le relazione esclusive.
Meglio, specifico, non è che mi dispiacerebbe avere un rapporto con qualcuno, ma quel rapporto sarebbe più fisico che sentimentale.
Perché?
Perché dopo tre anni di relazione di cui due e mezzo vissuti a una considerevole distanza ho capito una cosa: una relazione affettiva è faticosa e deleteria. Veramente, ti rovina, o almeno rovina me. Non ci sono portata, punto. Per quanto anch'io sia cresciuta con tutte le cretinate femminili (uh l'amour! la passione! la tragedia! il dramma! il corteggiamento! ma va a cagare và) è un po' che penso che ste stronzate sentimentali siano appunto, stronzate. Ed è sempre la mia storia che mi ha aiutata. Perché non ci fu corteggiamento, non ci furono drammi, giochetti con il detto e non detto, le allusioni, e ma allora stiamo insieme o no. Ci siamo incontrati un venerdì sera, la domenica siamo usciti, il mercoledì io ebbi i primi due orgasmi della mia vita. Niente storie, niente cincischiamenti. Iniziò così blandamente che ne sono scioccata ancora adesso, ma solo perché è esattamente così che dovrebbero andare tutte le storie.
Ti incontri, ti piaci, ti fai, se non ci si piace più la si smette, amici come e più di prima.
Dove cazzo è il problema?
Il corteggiamento è una cazzata.
Le storie amorose esclusive sono una cazzata.
Tutti questi drammi, gelosie, io ti amo, se tu non mi ami sei uno stronzo, voglio passare la vita con te, ma che siete scemi?
Io al solo pensiero mi sento claustrofobica.
Io in questi tre anni mi sono rovinata la vita per la dipendenza affettiva: non sapevo come gestirla e ho sacrificato così mesi preziosi in cui si stava decidendo il mio futuro. Ho persino evitato di avere troppa vita sociale per paura della mia incostanza sentimentale (di cui ero già fin troppo consapevole). Mi sono rovinata. Non per colpa sua, lui è stato vittima quanto me di questa cosa e la vive anche peggio perché a trent'anni e rotti si sente il peso del fallimento sulle spalle (altra pressione da parte della società).
E non sto nemmeno dicendo che ora sono una donna libera, che ogni sera si diverte come una pazza e si sta facendo un sacco di amanti per sublimare il suo bisogno sessuale, magari!
Il mio retaggio culturale mi blocca, così come un sacco di fobie, ma ci sto lavorando sopra.
Tra tutti gli obiettivi che ho e non sto inseguendo per pigrizia, quello di vivere l'amore precario è uno dei principali.
Dovrebbe essere l'obiettivo di tutti, ma finché ci crescono con le romanze, i cartoni Disney e altre puttanate simili continueremo a confondere la sessualità con amore, e l'affetto con il possesso.
Alla fine c'avevano ragione gli hippy, peccato che abbiano mollatato così presto.

mercoledì 24 agosto 2011

Il lato sporco della battaglia

Vengono fuori, pian piano, ma vengono, le magagne di tutta la faccenda libica.
Giuro che per un attimo lo avevo sperato che fosse una ribellione completamente popolare, senza troppe ingerenze straniere, e invece no.
La NATO ci ha messo il suo bel zampone indelicato, il che significa che la colpa si rifletterà anche su di noi.
Colpa? Di cosa? Noi li abbiamo aiutati!
No, non è vero.
O meglio, certo che li abbiamo aiutati. A massacrarsi meglio e più velocemente, a portargli via una buona fetta del merito del successo della ribellione, a terrorizzare i civili inermi e non armati che ora sono rintanati nelle proprie case a sperare che i "droni intelligenti" della NATO non passino di lì.
No, non sto sputando sulla ribellione, più che sacrosanta, sto sputando su di noi.
La Norvegia, unico tra gli stati delle Nazioni Unite, si è tolta dall'impiccio perché aveva capito una cosa fondamentale: non sono cazzi nostri.
Una volta insorto, una volta lanciato all'attacco, l'unico supporto che doveva essere dato ai libici, tutti, era di assistenza medica e di rifornimento, non proiettili. Poi se volevano massacrarsi a vicenda fino a che uno dei due schieramenti non sarebbe stato eliminato alle fondamenta erano affari loro (e magari non l'avrebbero fatto se non avessero avuto un supporto militare così elevato, magari avrebbero cominciato a trattare, magari prima o poi a qualcuno la nausea del sangue sarebbe venuta, ma quando sono i droni ad ammazzare per te ed è qualcun altro a premere il bottone, potrebbe essere un po' difficile capire dove sta la linea di confine tra la ribellione e l'indiscriminato massacro).
E invece no, ci siamo finiti in mezzo, noi e la nostra maledetta spocchia di dover sempre intervenire ovunque, senza renderci conto che ogni volta che lo facciamo peggioriamo solo la situazione. Ci siamo arrogati il diritto di decidere qual'era lo schieramento che aveva ragione, abbiamo fatto da giudice, giuria e boia in casa d'altri. Gheddafi è un dittatore? Sì. Era compito nostro fermarlo? Assolutamente no.
Boicottarlo, sanzionarlo, chiudere i canali diplomatici, ma quel che succede in Libia i libici soli dovevano rimetterlo a posto.
Cos'è, la lezione a noi non è bastata?
Abbiamo accolto gli americani come eroi alla fine della seconda guerra mondiale e qual'è stato il risultato? Che sono ancora qui a rompere i coglioni. Anzi, il rompono ogni giorno di più perché continuano a sentirsi i maledetti salvatori del mondo.
Penserete mica che ci lasceranno rimanere lì ora, senza colpo ferire, a usufruire magari pure dei loro pozzi petroliferi? Illusi.
Ora che la ribellione libica è così insozzata resta solo da vedere come andrà a finire: se gli estremisti islamici alla fine riusciranno a prendere il potere paventando la sicura situazione prossima in cui la NATO comincerà a voler dettare legger per il bene dei libici (uh come ci godranno! e quanto ci godranno gli americani in una nuova repressione preventiva!!) o lo faranno i militari che non vorranno cedere il controllo del paese ad AlQaeda.
Sinceramente, tra questo e una possibile colonizzazione da parte nostra non so cosa augurargli. Se non altro loro non hanno impianti sciistici su cui stupide reclute americane andranno a sbattere, ma una seconda Ustica può sempre accadere.

Naturalmente il mio giudizio può ancora cambiare, dipende dalle informazioni che arriveranno in futuro, ma già ora come ora la vedo male, forse quasi peggio dell'Egitto.

martedì 23 agosto 2011

Noi, bambine cresciute con il topless (o senza!)

Voi che siete andati al mare in spiagge piene di bambini e bambine quest'anno, quante ne avete trovare con il solo slip del costumino?
Poche vero?
In molti siamo assistendo allibiti a una tendenza sempre più pericolosa ad attribuire ai bambini una sessualità che non hanno nelle pubblicità, ma fa veramente paura quando vediamo i loro effetti manifestarsi dal vero. Quindi ecco bambine di tre anni lanciarsi in piscina con un ridicolo costumino a due pezzi che copre l'inesistente e le impiccia tantissimo.
Perchè?
Io sono andata in colonia fino a undici anni con il topless, mia madre si rifiutava categoricamente di darmi il due pezzi perché "non mi serviva".
Ok, mia madre credeva anche che in terza media, giocando a pallavolo, non dovessi sentire la necessità di potermi depilare come tutte le mie coetanee, ma io veramente non avevo niente da nascondere a 11 anni e fino all'anno prima (cioè fino a quando nessuna delle mie coetanee si era sviluppata abbastanza e in realtà avrei potuto andare in topless fino ai 12) non mi aveva mai dato fastidio. Anzi, passavo allegre estati sul balcone di casa a giocare con l'acqua senza la maglietta.
Perché avrei dovuto vergognarmi? Di cosa avrei dovuto preoccuparmi?
Sapevo cos'era un seno, sapevo che andava coperto (sì ma non era obbligatorio) e sapevo che non l'avevo.
Devo anche dire che all'epoca in cui ero piccola io (20 anni fa, non era mica l'800) costumini a due pezzi per le bambine non li trovavi manco a pagarli oro. Davvero. I produttori stessi ritenevano che le bambine non avessero bisogno del doppio segno del costume una volta tornate dal mare. Diamine certe volte non avevamo nemmeno bisogno del costume!
E invece vedi anche bimbetti di nemmeno un anno razzolare sulla sabbia con il pannolone, o quelli di a malapena due con un costumino che raggiunge immediatamente le stesse dimensioni del pannolino perché viene immediatamente riempito di terra.
Ma a due anni, esattamente, cosa dovrebbero nascondere? Cosa potrebbe dare fastidio agli occhi altrui, anzi no, ai nostri.
Signori, quando le parti intime dei nostri figli cominciano a sembrarci peccaminose prima che questi sappiano anche solo intuire il significato della parola vuol dire che siamo in un mucchio di guai.
E se pesco il dannato stilista che un giorno ha detto: "Ma come un solo pezzo?! Guarda come sono carine con il due! Sembrano delle piccole donnine!! Sì ecco, da oggi anche loro con i due pezzi. Che poi si sentono discriminate, poverine!" gli brucio i peli delle palle sul fornello elettrico.

Fantasmi al museo

Ma sì, ma sì, parliamone anche noi. In fondo è estate, fa caldo e tutti quelli rimasti in città sono alla ricerca di qualsiasi cosa rompa la monotonia, quindi ben venga il fantasma.
Questa però non è un bufala, né uno scherzo di un architetto burlone, perché per come la vedo io, questo è social marketing.
E' facile, metti un telefonino con l'app caricata in mano a un tizio che può accedere ai lavori del museo, gli fai scattare una foto con il fantasma e gli fai diffondere la notizia per tutta Italia.
Panico! Panico!
Beh non proprio, ma quanto scommettiamo che adesso che la "sbugiardata" (chissà da dove è partita XD) con tanto di nome e link dell'applicazione è stata pubblicata su tutti i quotidiani e blog che vi si dedicheranno tutto oggi, i produttori si vedranno di fronte un enorme innalzamento di scaricamenti?

Credo che mi mancheranno questi giorni, in futuro, quando tutti smetterete di essere così gonzi :D

lunedì 22 agosto 2011

Si era partiti così

Sterilizzazione

Sillabazione/Fonetica[ste-ri-liZ-Za-zió-ne] 
1 lo sterilizzare, l'essere sterilizzato
2 processo termico o chimico che ha lo scopo di distruggere ogni forma di vita microbica in una sostanza o in un corpo qualsiasi
3 (med.) procedimento di legatura delle tube nella femmina, dei dotti deferenti nel maschio, che li rende incapaci di procreare

Tornate con la memoria ai banchi di scuola, alla terza media, all'ansia che causava la scelta della scuola superiore, la tesina, etc., e poi focalizzatevi sul periodo tra la prima e la seconda guerra mondiale del programma di storia.
Vi ricordate qual'era stata una delle prime azioni del nazismo riguardo alle cosiddette "minoranze"?

Zingari, Rom, omosessuali, handicappati, portatori di malattie croniche e psichiatriche, ebrei, tutti finirono sotto le mani di macellai chirurghi incaricati di sterilizzarli per mantenere pura la razza, per impedire che anche solo per sbaglio una goccia di quel sangue malato finisse mischiato al nobile e pulito fluido tedesco. (Ok, lo so, non sono stati i primi, ma sarebbe carino che fossero gli ultimi).

Non è un'invenzione, è successo davvero.
Migliaia di persone sono state sterilizzate perché diverse, perché non normali, perché non rispondenti a canoni estetici socialmente accettati (o a modelli comportamentali socialmente accettati), perché si portavano dietro da generazioni malattie ereditarie di cui non avevano colpa. Dimenticatevi poi la castrazione chimica, le belle sale operatorie pulite e sterilizzate, erano gli anni 30/40 e stavano operando su quella che consideravano feccia, non credo ci fossero andati tanto per il sottile.

Ebbene questi ricordi, uniti alle attuali notizie che vogliono vedere le donne indiane prima, e i Rom poi, fatti sterilizzare perché la popolazione è in sovrannumero, mi dà i brividi.
Primo, non stiamo parlando di sterilizzare una colonia di animali randagi che mettono a repentaglio la salute pubblica (che poi, anche qui, ci sarebbe un bel discorso da fare), ma di essere umani poveri e senza educazione che hanno bisogno di aiuto vero, non punizioni eugenetiche.
Secondo, la vena razzista e ipocrita è tale che non vale nemmeno la pena parlarne.

Naturalmente gli stati in questione pensano che sia meglio passare direttamente alle vie mediche (e magari forzate) invece che cominciare un programma di educazione sessuale (orrore e raccapriccio!!) o anche semplicemente di educazione.
In India, lo stato democratico con più povertà e analfabetismo al mondo, hanno anche promesso ricchi compensi in caso di sterilizzazione volontaria, che se solo si impegnassero per davvero a mandarli tutti a scuola la metà del danno sarebbe riparata (ma poi le figlie non si levano più di torno a 14 anni e magari pretendono pure di poter parlare per sé! E se poi insorgono tutti e vogliono un paese veramente democratico dove non esistono privilegi di casta??)

I Rom invece sono la popolazione europea più bistrattata in assoluto. Sì avete capito bene, EUROPEA. Non immigrati clandestini, europei. Cacciati a destra e manca per secoli, trattati in maniera tale che nemmeno gli ebrei hanno mai avuto così pochi diritti e tanti pregiudizi da combattere quanto loro (ma in effetti credo che sarebbe una bella battaglia) e adesso torna la fissa di sterilizzarli.

Io sinceramente, a vedere sprazzi di nazismo riapparire quà e là, mi sono stufata. Io una seconda Shoà non la voglio vedere e mi piacerebbe tanto che le persone comincino a vedere i propri simili come tali, invece che come scarafaggi da debellare.

E adesso tocca a...

Mi fanno ridere quelli che ogni volta che cade un dittatore, in questo caso Gheddafi, si mettono a dire che ora tocca a Berlusconi. Fanno ridere, e anche un po' incazzare, perché nessuno di loro rischierebbe il loro prezioso culo per mandarlo a casa.
I Libici sono morti ogni giorno per conquistare Tripoli e il resto del paese, per cingere sempre più d'assedio il bunker del loro dittatore. Ci sono figli e figlie che non torneranno mai più a casa, famiglie distrutte, bambini traumatizzati, uomini e donne torturati, tutto per la loro libertà.
Tutti quei lazzi, quelle risate, su "E adesso tocca a te" deridendo un uomo perché un esponente politico con cui era in buoni rapporti dovrà cedere lo scranno al popolo che lo reclama, fanno abbastanza pena.
Mi chiedo cosa credano che sia la Libia, ma soprattutto mi chiedo cosa credono che sia la rivoluzione e chi la deve fare.
Qualcuno gli spieghi che i libici, gli egiziani, i ribelli veri, se ne staranno a casuccia loro a rimettere a posto i disastri degli ultimi mesi e decenni. Nessuno si prenderà mai la briga di iniziare una ribellione per noi.
Volete mandarlo a casa? Ma davvero? Allora mano ai bastoni, fazzoletti sulla bocca e pronti a prenderle e darle. No perché cliccare "condividi" su Facebook non è proprio come lanciare una pietra contro una barriera di militari. Sappiatelo.

domenica 21 agosto 2011

Atei rivelatevi!

Questo mini articolo dell'UAAR mi ha fatto riflettere. Non tanto per il fatto che gli atei sentano la necessità di un social network dedicato, quanto che dichiarare la propria assenza di fede sia un "coming out". In poche parole è paragonato alla stesso tipo di rivelazione che dovrebbe fare un ragazzo o ragazza omosessuale.
Mi piacerebbe vederli a confronto due figli che vanno a colloquio dai genitori: uno gli dichiara di essere ateo, l'altro omosessuale. Mi chiedo quale dei due verrebbe sbattuto fuori a calci.
Sarebbe un esperimento interessante, non trovate?
Se dovessimo dare retta ai sondaggi però, ho credo che sarebbe l'ateo.
Pare infatti che negli States essere atei sia considerata una cosa orrida, davanti alla quale tutto il resto passa in secondo piano.
Ma perché?
Un candidato ateo è un candidato razionale, con meno pregiudizi della maggior parte delle persone e quindi improntato a dialoghi e decisioni di più larghe vedute di uno che va in chiesa ogni domenica, perché il credo, quale esso sia, delle limitazioni te le impone. Cioè, i dieci comandamenti non sono un "traccia" a cui ispirarsi.
Basta partire dal giuramento americano fatto sulla Bibbia.
Io me la sono fatta spesso la domanda: ma un islamico/buddista/ebreo/etc che deve andare a deporre in un tribunale, quando deve giurare, come fa?
Gli fanno una delega speciale? Gli cambiano il libro sacro? Dice il nome del suo dio? O ingoia l'umiliazione (perché è una chiara e lampante violazione dei diritti civili imporre il proprio dio a qualcuno, e far giurare un credente di una fede non cristiana sulla Bibbia è come dichiarare ogni volta, che il suo dio non vale un cazzo) e giura lo stesso perché se no la giuria si farebbe una brutta impressione di lui?
Questa è stata solo un'altra delle conferme che mi ha fatto capire che se mai io avessi veramente trovato il coraggio di andare negli States, prima o poi mi avrebbero linciata.
In Europa è da un po' che non è più un problema dichiarare la propria appartenenza o meno a un qualsiasi credo e dichiararsi omosessuale è ancora il coming out peggiore di un adolescente.
Immaginatevi: sedici anni, corridoi dei licei che se sono anche solo somiglianti a quelli dei telefilm in realtà sono zone di guerra, e sapere che per te la religione è solo un'enorme pagliacciata.
Quand'è che la smetteremo di considerare gli Stati Uniti quel baluardo di democrazia utopistica che non sono, e cominceremo a vederli esattamente come e peggio di tutti gli altri?
No così, solo per sapere.

venerdì 19 agosto 2011

Attentato

In Italia la parola "attentato" richiama molti ricordi, dolorosi, ma lontani nel tempo. Nessuno di noi sa cosa sia voluto dire vivere negli anni di piombo e tutti quelli che non sono nati e cresciuti in zone di grande attività mafiosa, non hanno idea di cosa significhi vivere in un posto dove il mattino dopo devi seppellire metà della tua famiglia.
Che potrei dire quindi di tutto ciò?
Parole banali come "orrore", "schifo", "inumanità"?
Io non ne capisco tantissimo di politica estera se devo essere sincera, non ne capisco tantissimo perché nella mia testa la gente è libera di vivere liberamente la propria vita, nello stato in cui ha scelto di abitare o anche di creare. Libera di credere in quello che vuole, in un nome del proprio dio, sotto la bandiera politica che ha scelto, con le proprie idee libere di essere espressa ad alta voce ovunque.
Però si chiama utopia e la politica estera ha un peso soprattutto in nome del capitalismo e di quei pochi maledetti che hanno preso il posto dei vecchi signorotti feudali quando la monarchia è stata scalzata dalla democrazia (che è un'altra bella utopia).
In pratica quello che è successo in Israele è che un gruppo di nemmeno 30 persone abbiano deciso di arrogarsi il diritto di decidere chi vive e chi muore. Dopo che hanno esercitato quello che loro credevano un diritto, altre persone che si credevano in diritto di vendicarsi come e su chi volevano, si sono date da fare provocando altre morti. La cosa peggiore però è che progettano di andare oltre, in un'operazione che provocherà centinaia di vittime la maggior parte delle quali voleva solo vivere la propria vita, crescere i propri figli, sopravvivere abbastanza da vederli figliare a loro volta e morire magari lasciandogli anche qualcosina.
Tanto per chiarire non sono antisionista, per quel che mi riguarda le vittime in campo sono due: il popolo palestinese e quello israeliano. I primi sono ostaggi politici di chiunque, i secondi di se stessi ed entrambi delle proprie religioni. Sono piuttosto sicura che una buona parte del popolo israeliano vorrebbe andare a dormire la notte sapendo che il giorno dopo il proprio figlio sotto le armi non rischierà di tornare a casa avvolto in una bandiera, così come credo che a una buona parte del popolo palestinese interessi solo farsi la propria vita invece che la guerra.
Però quei pochi a cui la guerra interessa continuano ad armarsi e arrogarsi il diritto di prendere delle vite da una parte e dall'altra, infischiandosene di chi voglia veramente giocare al loro stesso gioco, mentre e tutti continuano a credere fermamente nel vecchio dettame "occhio per occhio, dente per dente".
Come dicono i vecchi, e rimasero tutti ciechi e sdentati.
Persino qui in Italia i leghisti, i più fondamentalisti politicamente, stanno a mandando a fanculo il proprio leader, perché una volta messo il culo sulla poltrona del potere ha dimenticato tutte le belle parole e si è fatto i cazzi suoi. Credetemi la mia opinione dei leghisti è talmente bassa che mi ha fatto quasi gridare: "Miracolo! Anche i leghisti hanno un cervello!", per questo sono sicura che prima o poi anche da quelle parti qualcuno alzerà una mano per dire "Basta".
Aspetto fiduciosa. Nel frattempo armatevi di dentiere e occhi di vetro.

martedì 16 agosto 2011

Agosto in città

A differenza del 99% degli italiani, io e una manciata di colleghi stiamo passando Agosto a Torino.
Non che mi sia levata il mare, la mia settimana l'ho fatta anch'io, ma è strano vivere un posto che, in realtà, ad Agosto non ho mai visto.
La prima cosa che si nota è la rilassatezza.
Tutti quelli che ancora non erano andati in vacanza (e quindi erano i più nervosi, impazienti dell'arrivo delle ferie) non ci sono. Tutti quelli che ci erano già andati lo sono ancora. Tutti gli altri rimasti si guardano intorno, imbambolati, fissando le saracinesche abbassate, i cartelli di "Chiuso per ferie" e le strade vuote.
Questa rilassatezza ha avuto effetti collaterali un po' ovunque ma principalmente lo ha avuto sugli automobilisti. Non avendo più pile e pile di colleghi guidatori incazzati, sudati, barricati dietro i finestrini chiusi con l'aria condizionata al massimo e nervosi perché anche quella mattina i semafori maledetti ce l'avevano con loro e ora sono ovviamente in ritardo, sono tutti rilassati.
Non accelerano fino a 90 all'ora per fare i 20 metri da un semaforo all'altro.
Non ti guardano con odio omicida se ti prendi il tuo tempo per attraversare la strada.
Rispettano i limiti di velocità (!).
Noi facciamo parte di tutta questa umanità rilassata che si aggira per questa città che oggi ha proprio tirato un sospiro di sollievo. Tutti via. Solo poche manciate di esseri umani troppo tristi per non essere potuti partire o di essere rimasti soli per incazzarsi, azzuffarsi o guardarsi male e i turisti che si affollano nel crocicchio di Via Roma/Via Garibaldi-Via Po', rimanendo a tutti gli effetti invisibili.
Considerando che tutti quelli che ogni giorno rendono la nostra vita un inferno a causa delle psicosi personali che non possono fare a meno di scaricare su qualcuno in qualche modo sono in vacanza tutti assieme, in posti molto caldi dove forse l'aria condizionata in camera non c'è, coi bambini iperattivi appresso, in posti che le recensioni online lo davano come oro e invece è una bettola e magari preoccupati a mille di rendere questa unica vacanza indimenticabile, ho idea che quando torneranno i più riposati saremo noi.
Con un po' di fortuna si scannano tra loro.
E buon Agosto a tutti :D

sabato 16 luglio 2011

Testamento biologico

Sapete cosa penso di questa legge per impedire al malato di decidere della propria fine?
Che hanno paura.
Io me li immagino, discutere di fine vita con un pensiero fisso in testa: cazzo, e se mi staccano la spina mentre dormo?
I signori in questione, ho idea, non devono essersi mai circondati di persone amorevoli e se se le sono trovate intorno devono aver fatto in fretta a causare più rancore possibile. Quindi hanno sicuramente paura che, un giorno, quando saranno a letto quasi moribondi e pressoché incapaci di esprimersi, gli eredi decideranno di staccare tutto per godersi la sospirata eredità.
Almeno io la penso così.

E non credo assolutamente che abbiano paura di dover vivere fino all'ultimo istante di agonia. Perché con tutti i soldi che hanno, insabbiare un presunto caso di eutanasia sarà fin troppo facile.

Trova qualcuno e sii felice

Quante volte l'avete sentita questa frase?
Quante volte vi è stata detta? Da amici, parenti, conoscenti... persino ex ragazzi.
Però questa cosa è orribilmente sbagliata.

L'idea che la nostra felicità possa dipendere da qualcuno è terribile e risale in un epoca in cui vivere da soli, oltre a essere considerato sconveniente, era anche sinonimo di suicidio. Fisico, vero e proprio. Non è che i ruoli di genere ce li siamo inventati dall'oggi al domani, erano necessari all'equilibrio sociale, primo, alla continuazione della specie, secondo alla sopravvivenza, poi (ma soprattutto per le donne che solitamente erano degli oggetti che passavano dal padre al marito senza soluzione di continuità).
E' chiaro che se ti dividi i compiti, io guardo casa, figli e orto e tu vai per campi e bestie, si vive meglio. Era una semplice distribuzione di risorse (e di assoggettazione ovvio. guai a lasciare a una donna la possibilità di autodeterminarsi, poi che fine avrebbero fatto i buoni  valori cristiani e la povera virilità maschile?). Ora però, nel XXI, dove i bisogni primari li reperisci senza grande fatica fisica e la tecnologia ha reso il divario uomo/donna pressoché nullo, non servono più. E non serve più nemmeno una vita di relazione stabile e duratura per essere felici. Anzi, semmai è l'esatto contrario.

Una volta la donna poteva scegliere un solo mestiere: la moglie.
L'uomo non poteva scegliere, avrebbe fatto quello che faceva suo padre (o il prete o il soldato).

E' chiaro che in queste epoche la realizzazione personale non esisteva nemmeno come concetto, esisteva solo la mera sopravvivenza, la continuazione della stirpe e del mestiere.
Di nuovo, in un mondo pieno di università, scuole specialistiche, borse di studio, pendolarismo, etc, non è più così, è il contrario. E' proprio perché c'è una vasta scelta che possiamo finalmente scegliere quello che più ci si confà. Nei limiti del realismo ovviamente.

Oggi il nostro scopo è solo essere felici. Ma se continuiamo ad affidare la nostra felicità a un concetto così arcano come "l'amore vero", il "per sempre felici e contenti", etc, siamo già destinati in partenza alla infelicità perpetua.
Magari l'amore l'avete trovato, una persona che vi guarda e vi ama nonostante i vostri difetti, i vostri scleri e le vostre manie e avete pure un sacco di interessi comuni, quindi vi sentite molto felici.
Ma se fate un lavoro di merda, che vi svilisce e ogni volta che suona la sveglia imprecate perché un'ora dopo vedrete persone che odiate, che vi daranno cose da fare che detestate e ogni giorno passato nella vostra vita quotidiana vi angoscia e vi rode sempre di più, quell'amore non vi salverà, anzi lo ucciderete.

L'amore ha bisogno di spazio, ha bisogno che chi lo porta sia già felice di suo, perché l'amore è un sentimento un simile a una sbornia. Perdete ogni riferimento spazio temporale, perdete le inibizioni e se non siete già in un contesto che vi dà sicurezza una volta finita la fase "luna di miele", di ogni minima depressione o malumore ne farete una crisi (e a nessuno piace un ciuco triste). Non ci vorrà molto che la vostra infelicità vi porterà a mettere in discussione tutto, a partire dalla vostra relazione.

Dovete avere un punto fisso, una missione, un obiettivo intorno a cui far ruotare il vostro amore e non il contrario. La vostra vita deve essere il faro a cui far approdare la nave della relazione di coppia, non il contrario. Altrimenti vi perderete nella tempesta e nel momento in cui il faro si spegnerà tanti auguri a ritrovare la rotta.

Questo papiro lo sto scrivendo per esperienza, il mio faro è stato messo in disuso definitivamente 4 mesi fa. Ora sono ancora dispersa nella tempesta, mentre cerco di ritrovare rotte perdute che ricordo a malapena. E nei giorni in cui la sua mancanza si fa molto profonda, la gelosia prova a far capolino e la solitudine pesa troppo, ho un mantra fisso in testa: devo riaccendere quel maledetto faro e devo farlo da sola.
E' l'unica cosa che mi tiene lucida e spero che mantenga lucido anche qualcuno di voi.