venerdì 24 febbraio 2012

Le cose belle che ci fa perdere il progresso

Io amo la tecnologia. La tecnologia è la prova più lampante di quanto l'intelligenza umana sia senza confini.
Siamo partiti da una clava e una pietra e siamo arrivati ai cellulari e ai viaggi nello spazio. Siamo fantastici (da quel punto di vista) e vado in brodo di giuggiole ogni volta che facciamo ulteriori progressi.
Però amo anche la vecchia tecnologia: le vecchie radio a transistor, le auto d'epoca, i telegrafi, i vecchi treni a vapore e le vecchie macchine fotografiche analogiche.

Io possiedo una vecchia reflex, una Canon AE-1, che di elettronico ha solo lo scatto dell'otturatore e la misurazione dell'esposizione. Insomma, ha una pila. Tutto il resto, messa a fuoco, velocità dell'otturatore, rullino, è ancora la vecchia scuola manuale. Il progresso tecnologico ha portato nell'ultima decina d'anni ad abbandonare le vecchie ottiche per sistemi più economicamente sostenibili (e anche ecologicamente, se contiamo gli acidi dello sviluppo...). Però il progresso non è  un motivo sufficiente per impedire a chi ha ancora vecchi pezzi quasi da museo di utilizzarli.
Certo, i rullini esistono ancora (tieni duro IlFord! non farti mettere sotto come la Kodak!) ma le pile?
Lo sapete con cosa funziona la mia vecchia Canon? Con una batteria al litio da 6v, misura 2CR, l'unica misura che poteva contenere un corpo piccolo come quello della Canon AE-1.
Ci ho messo quasi un'ora per trovarla, stavo persino per gettare la spugna, ma il buon Marvin mi ha salvata (alla modica cifra di 9 euro) svelandomi anche che in assenza avrei potuto usare due batterie da 1/3N, ma se non l'avessi trovata avrei potuto sperare solo nella rete e nell'attesa dell'arrivo del corriere, e nel frattempo avrei avuto un aggeggio molto bello, ma inutilizzabile.

Insomma, chi possiede i vecchi giocattoli e li vuole usare se la vedrà sempre peggio. Ora la Duracell e la Varta queste pile le producono, quando smetteranno forse esisteranno ancora le due mezze da mettere assieme, ma poi? Rimarranno lì sullo scaffale e potremo spiegare solo a voce che sì, quell'affare funziona, ma senza la batteria non puoi nemmeno sentire l'otturatore scattare?

Il progresso tecnologico non dovrebbe impedirci di godere dei nostri vecchi successi. Con le auto funziona ancora, per ora, ma poi? Il giorno che non verrà più prodotta la benzina come si muoveranno? E il giorno in cui anche IlFord smetterà di produrre pellicola io con la mia reflex, cosa ci farò?

domenica 19 febbraio 2012

I sagaci metodi per aumentarsi l'autostima dell'FBI

E ora come la dovrei giudicare questa?
Un uomo (un ragazzino...) entra clandestinamente negli Stati Uniti. Ci rimane tredici anni e più di una volta esprime la sua volontà di sacrificarsi in un attentato terroristico via telefono. E' chiaramente un mezzo idiota, o negli States ci sarebbe arrivato con i mezzi di Al-Qaeda e l'attentato l'avrebbe fatto prima di uscire dall'adolescenza, altro che essere ancora lì bello arzillo a 29 anni.

Ora, che hanno fatto sti intelligentoni dell'FBI per aumentarsi l'autostima? Si sono presentate come Al-Qaeda e gli han detto: "Ehi, te lo facciamo fare noi l'attentato!"
Il pivello, che a quanto pare si annoiava davvero nella vita, ha detto "Ok! E io che credevo di non piacervi ragazzi, sono così contento che mi abbiate notato!"
Gli han dato armi e bagagli e spedito verso il luogo convenuto, dove è stato ovviamente arrestato.
Ora sono tutti lì a darsi pacche sulle spalle e dirsi che sono bravi, sono dei miti, sono dei geni.
No, siete dei fottuti istigatori a delinquere.

Non avete preso un tipo che abitualmente commercia in droga e/o armi fingendovi compratori, avete preso uno che blaterava di voler fare un attentato terroristico e glie ne avete dato i mezzi. Se l'aveste lasciato stare quello forse tra vent'anni, sarebbe stato ancora lì a blaterale con i nipoti che avrebbero alzato gli occhi al cielo dicendo "Sì nonno..." tornando poi a concentrarsi sulla Playstation.
Chissà quante altre persone in America e nel mondo dicono cose del genere, tipo "Se il cane di quello stronzo del mio vicino la fa ancora nel mio prato sgozzo lui e il botolo." Ma nessuno va dal tizio a dirgli "Ehi guarda! L'ha fatta di nuovo, sgozzalo!!" per poi saltargli addosso nel momento in cui entra nel patio con un coltello. Ma vi pare? Che poi dopo due birre, se siete molto persuasivi, convincereste pure un monaco buddista a darsi fuoco solo per spettacolo.
Geni proprio.

Come dice Malvino, ma espellerlo subito?
Non siete sufficientemente in crisi, no. Dovete sprecare i soldi dei contribuenti in mega operazioni che avrebbero potuto essere risolte in due giornate di lavoro:
Giorno 1: "Toc Toc", "Sì?", "Amin Khalifi?", "Sì.", "Lei è in arresto per immigrazione clandestina e sentimenti antiamericani (o quel cazzo che è)", "Aw! Proprio ora che mi stavo ambientando!"
Giorno 2: Amin Khalifi torna al paese suo.
Fine.

Niente finte armi, niente finti esplosivi, niente intercettazioni, niente decine di agenti dell'FBI che smettono di giocare a ramino per impersonarsi ragazzacci di Al-Qaeda e ridere delle barbacce altrui. Ma soprattutto niente processo con giudici, giuria e avvocati (che sono piuttosto sicura che il tipo non se lo può permettere) il tutto sempre alle spese dei cittadini.

Io spero che Amin abbia un buon avvocato che gli faccia il culo all'FBI, che nei compiti delle forze dell'ordine c'è anche impedire che la gente possa trovare i mezzi per delinquere, mica forniglierli e poi saltar fuori come a bubusettete.

Comunque chiamate i copy, questa è decisamente una buona idea per le pubblicità del "Ti piace vincere facile?"

L'arroganza del credersi intoccabile

Certo se fossimo in un qualsiasi altro paese dichiarazioni del genere avrebbero portato alle dimissioni. Immediate.
Ma sapete perché non lo fanno? Perché noi non siamo scesi immediatamente sotto casa dello stronzo a fargli vedere i sorci verdi.
In Italia siamo buoni a incazzarci solo a parole. Poche volte siamo scesi veramente in piazza e comunque non tutti. Il referendum dell'acqua non l'abbiamo mica vinto perché siamo stati tutti bravi e intelligenti da capire quale errore sarebbe stato privatizzare, no, siamo semplicemente scesi in piazza in qualche centinaio a distribuire volantini e attaccare manifesti (anche abusivi) e a rompere le palle alla gente.
Eh, ehi! Ce l'abbiamo fatta, no?
Insomma, ho capito che è inverno, fa freddo, la benzina e i trasporti costano, ma secondo me se cominciamo a fargli un po' paura cominciano anche a fare meno i coglioni, che finché crederanno di essere intoccabili, come tali si comporteranno.
E se proprio c'abbiamo tutti il culo così pesante, compriamoci questo.

sabato 18 febbraio 2012

Ma perché guardate Sanremo?

Lo chiedo a tutti quelli che da un paio di giorni ne parlano male, lo insultano, lo criticato oltre ogni ragione, insomma lo schifano, e lo schifavano anche prima e sapevano già che avrebbe fatto schifo se solo avessero posato il loro sguardo sullo schermo con Sanremo in onda.
Perchè?
Io non ho la televisione, sono quindi enormemente avvantaggiata nel non guardare nemmeno per sbaglio cose che non mi piacciono, figuriamoci quelle che odio. Ma anche se avessi avuto la televisione avrei evitato come la peste di finire sul primo canale, come faccio il giovedì sera con l'unica stazione radio che ascolto, Radio Capital, quando va in onda Servizio Pubblico.
Insomma, perché lo guardate?
Avete il gusto dell'orrido o semplicemente vi manda in brodo di giuggiole poter dire: uh, lo vedi che avevo ragione, va veramente schifo!
Ma risparmiatevelo e risparmiatecelo soprattutto.
Parlare male di Sanremo è come sparare sulla Croce Rossa, troppo facile.
E' una manifestazione ormai arcaica che non è mai riuscita a stare dietro all'evolversi della società dal giorno in cui è nata, basta guardare costantemente l'età media dei presentatori (togliete le veline, non contano, loro sono solo tappezzeria messa lì a far sembrare figo il vegliardo di turno e far felici gli spettatori maschili a casa. E' lo stesso trucco usato sugli shonen giapponesi, solo che se lo fanno loro sono dei porci, se lo fanno a Sanremo è marketing).
Insomma, non fategli pubblicità.
Avete invaso la mia dash di Twitter e la bacheca di Facebook con sta cazzata vomitevole. Ne avete scritto sui vostri blog tanto che stamattina ho scoperto che da qualche parte è scoppiato uno scandalo perché Belen avrebbe una farfalla tatuata sull'inguine (e quindi? Cazzi suoi, letteralmente parlando. Cos'è, Sanremo vi sta imbigottendo ulteriormente? No, non me lo cerco su Google News).
Finché gli darete tutta questa attenzione a chi organizza e scrive il festival non glie ne fregherà una beata minchia che sia arcaico, bigotto, misogino e fuori tempo massimo, gli importerà solo degli share e degli spazi pubblicitari che rivenderà a peso d'oro perché comunque per i primi due giorni tutta Italia guarderà quei quattro coglioni dare il peggio di sé in televisione.
Ma vi pare?
Ma fatevi una vita, o nerdizzatevi almeno. Credetemi, c'è molta più soddisfazione a passare la serata a rileggersi tutta la collezione di Pikappa (originale, dite quel che volete ma Pikappa il mito è per gli sfigati che non hanno sufficientemente voglia di battere le fiere del fumetto) che vedere dei matusa che cercano di nascondere il pannolone e l'artrosi per credere di avere ancora trent'anni.

(E oh, pure io ne ho scritto. Cheppalle.)

giovedì 16 febbraio 2012

Il terrorismo buono e quello cattivo

Terrorista, a mio parere, è una parola che va usata con molta, molta cautela, perché è soggettiva.
Questa è la definizione di Wikipedia:

"Il terrorismo è una forma di lotta politica che consiste in una successione di azioni clamorose, violente e premeditate come attentati, omicidi, stragi, sequestri, sabotaggi, ai danni di enti quali istituzioni statali, governi, esponenti politici o pubblici, gruppi politici, etnici o religiosi. Generalmente i gruppi terroristici sono organizzazioni segrete costituite da un numero ridotto di individui: a volte i terroristi si considerano l'avanguardia di un costituendo esercito, dei guerriglieri che combattono per i diritti o i privilegi di un gruppo o pro/contro i predetti enti."

In questa definizione rientrano tanto Al-Qaeda quanto i partigiani.
Ma chi chiama ancora i partigiani "terroristi"? Nemmeno i neo-fascisti lo fanno, ma all'epoca della dittatura erano considerati tali. Gli ex-partigiani però ora indossano con orgoglio berretti, medaglie e gagliardetti a ogni anniversario della liberazione. Sono considerati eroi, esempi da seguire.
Però si davano ai sabotaggi, alle aggressioni ai reparti fascisti, agli attentati dinamitardi, esattamente come fanno tutti i "terroristi" di questo mondo contro coloro che considerano il "nemico".
E il nemico può essere chiunque: un governo, un'etnia, un credo religioso, un intero emisfero.

Terrorismo deriva da "terrore", una tattica utilizzata da qualsiasi dittatura (politica, religiosa, etnica) per mantenere l'ordine, eppure è chi al potere a identificare gli oppositori violenti come "terroristi", dimenticandosi molto opportunamente che anche loro usano la paura.

Anche le democrazie lo fanno.
Come si mantiene l'ordine? Con le forze di polizia, che sono armate e hanno dimostrato più volte di essere violente. Anche la legge fa paura, paura di finire in carcere, paura del processo legale e mediatico, paura della perdita della propria reputazione e stabilità economica, paura insomma. Anche all'interno delle aziende viene utilizzata l'arma del terrore, quello della disoccupazione, quello della recessione in un ruolo minore e peggio pagato. E la famiglia? Quanti genitori pretendono rispetto dai figli con il terrore?

Ma se usiamo tutti la paura come arma, come si distingue tra il terrorismo buono e quello cattivo?
Pragmaticamente parlando la paura è paura, e viene utilizzata per inibire tanto l'aspirazione al crimine quanto le proteste cittadine.

La Russia, la Cina, la Corea del Nord, la Birmania, l'Iran, etc. mantengono il proprio potere sui cittadini e la propria indipendenza con la paura delle proprie forze armate.
Gli Stati Uniti, Israele, la Germania, la Francia, l'Inghilterra, etc. mantengono la propria ingerenza negli affari esteri allo stesso modo.
Perché onestamente, chi vorrebbe far incazzare qualcuno che ha la bomba atomica o i cordoni dell'economia globale?

Tutta questa ipocrisia è dannatamente stancante e quella dannata parola forse andrebbe abolita. Almeno fino a quando non smetteranno di succedere cose del genere in una democrazia.

E noi dovremmo smetterla di considerarci il più alto gradino della scala evolutiva, perché sinceramente, se riusciamo a vivere civilmente solo per la "paura" delle conseguenze, un qualsiasi formicaio, alveare o colonia di scarafaggi merita dieci volte più di noi di sopravvivere all'estinzione.

lunedì 13 febbraio 2012

Le lacrime di Coccodrillo della Costa Crociere

Bene ci siamo. Era ora, si potrebbe dire.
La Concordia finalmente comincia lo smantellamento a partire dalla rimozione del carburante, che durerà un mese. Dopo di ché, sette mesi di smantellamento del resto della nave.
Non male.
Ora, la Costa Crociere si sta lamentando degli effetti negativi che il marchio sta subendo. Il 35% dei clienti ha perso dallo stesso mese dell'anno scorso. Poveri. Ma che vi aspettavate, di essere protagonisti di uno dei più discussi naufragi dell'anno e di uscirne illesi? Siete seri? Che poi si può dare la colpa a Schettino quanto volete ma al comando ce l'avete pur sempre messo voi.
Sinceramente poi, dei danni economici che la Costa Crociere sta subendo me ne importa poco (che poi saremmo in recessione, non diciamo stronzate, sicuramente buona parte l'han persa perché i soldi scarseggiano per tutti), dell'isola invece molto. Quando arriverà la stagione turistica la nave in parte sarà ancora lì, a rovinare il paesaggio e spaventare i turisti. Alcuni forse arriveranno dall'Argentario solo per vederla, ma in quanti decideranno di andare comunque in villeggiatura sull'isola con uno dei più grossi rifiuti solidi del mondo nelle vicinanze? Ci portereste i vostri figli?
Io, a scanso di equivoci, sì, ci tornerò. Tanto Campese è dall'altra parte dell'isola e se mai succederà qualcosa sarà nelle prossime settimane, non tra sei mesi. Che l'idiozia generale di tutti in ogni caso non merita di finire con la miseria di un paio di centinaio di isolani.

domenica 12 febbraio 2012

Non fate finta di essere nerd

Non so quanti di voi l'abbiano letto, ma "Storia naturale del nerd" era effettivamente un libro che mancava, sia per noi nerd (che ci dà un paio di perché psicoanalitici) che per il resto del mondo che, fondamentalmente, non ci ha mai capito e ci ha sempre catalogato superficialmente.

Nel mondo si fa sempre un grande parlare di nerd, indicati di solito come gli sfigati, vestiti male, dediti alla scienza, ai fumetti e ai telefilm, molto vicini all'essere dei maniaci psicotici.
L'unica cosa che nessuno dice mai, che poi è l'unica vera, è che sono semplicemente persone disfunzionali nei confronti della società.
La società in genere è formata da gruppi di persone che hanno bene in mente il funzionamento delle regole sociali, delle relazioni con gli altri esseri umani e con l'altro sesso. Il nerd, è una persona che in realtà tutte queste regole non solo non è in grado di estrapolarle dal contesto, ma anche se spiegategli potrebbe non capirle appieno, se le capisce potrebbe non essere in grado di applicarle alla lettera e se può, magari ha deciso che non vuole. Il nerd semplicemente, ragiona per linee rette, compartimenti stagni e raziocinio all'estremo livello. Se una cosa non ha senso, per lui non esiste, e se quella cosa funziona per lui nella vita, allora secondo lui anche le altre persone devono fare per forza così.

Essendo la società quella meraviglia tollerante e inclusivista che è, il povero bambino nerd passa ovviamente la maggior parte della sua infanzia da solo e deriso. Se gli va di culo alle superiori si fa degli amici disfunzionali quanto lui. All'università finalmente può cominciare a prendere in mano il suo destino, capirci qualcosa di questo "pazzo mondo malato" [cit] e se ha sufficientemente coraggio provare a integrarsi di più (non funziona con tutti, ma le ultime generazioni non se la stanno cavando male).

Tutta la menata dei fumetti, dei telefilm e della scienza, è incidentale. Ci piacciono perché sono cose in cui possiamo rispecchiarci, ritrovare le nostre idee (essendo scritti da altri nerd, è facile che creino qualcosa che piaccia al resto dei nerd), entrare in mondi ideali che possiamo modificare a nostro piacimento nella nostra testa, ma soprattutto hanno delle regole. Il nerd è una persona che ha bisogno di regole esplicate, scritte, definite, non delle nebulosità su cui si fondano le relazioni con gli altri. Ecco perché quasi tutti gli scienziati lo sono, avevano semplicemente bisogno di vivere in un  mondo con delle regole. Che poi amino Star Wars è un altro discorso, ma 9 volte su 10, hanno il poster in camera.

Io, da punto di vista della cultura, sarei più una geek, ma ogni volta che riguardo il mio comportamento passato e attuale, è chiaro che sono una nerd. Nessuno che dalle tre alle cinque volte al giorno non si senta scollegato completamente dal resto della società, che non riesca a comunicare con gli altri o comunichi cose completamente sbagliate, può definirsi nerd. Avere una cultura nerd, non farà del leader della compagnia o del don giovanni per vocazione dei nerd. Potranno crederci, ma non è vero.

Nonostante tutto il disgusto per la società negli anni passati verso i nerd, ora inspiegabilmente va di moda esserlo. Sarà colpa di Steve Jobs, di Joss Whedon, non lo so, ma tanti ultimamente hanno cominciato a indossare lo stile nerd e atteggiarsi come tali. Eccerto, come se la gente decidesse veramente di essere nerd.
No cari, non avete capito, vestirsi da nerd e far finta di esserlo, è come far finta e vestirsi da gay.
Noi non abbiamo scelto coscientemente di essere disfunzionali, credetemi, se avessimo avuto libertà di scelta al liceo avremmo tranquillamente fatto parte del gregge. Levatevi gli occhialetti neri spessi, i maglioncini e le scarpe sformate, smettetela di bullarvi solo perché avete visto Lost e tornate a fare i finti intellettuali di sinistra, che di disfunzioni bastiamo noi. Figuriamoci se vogliamo anche i fake.

mercoledì 1 febbraio 2012

La verità della neve

La neve è un po' come una macchina della verità: come comincia a cadere divide immediatamente le persone tra "chi sopravviverebbe a un disastro climatico e chi no" (a volte però, devo dire, la stessa funzione la svolge anche un acquazzone ben piazzato, il che è ancora più triste).

Così cominci a vedere macchine con ancora le gomme estive (a gennaio. che, voglio dire, neve o non neve, pioggia o non pioggia, in inverno non è proprio il caso di usarle) che sbandano per un aggiustamento di traiettoria; persone con snickers, stivaletti leggeri, finti anfibi e stivali di gomma camminare intirizzite rischiando i geloni; cappottini attillati leggeri (c'è un motivo se hanno inventato le giacche a vento e i piumini...) avvolti in chilometri di sciarpe e ponci di lana (dite quello che volete, avere freddo non è fashion, se un capo invernale non è né comodo né caldo avete buttato i vostri soldi e l'influenza vi impedirà di godervelo appieno) per sopravvivere a un freddo che in Inghilterra è quasi primaverile.
E naturalmente persone che, nonostante il carroarmato sotto le scarpe, hanno il terrore di camminare sulla neve (mah).

Insomma, io è da sabato che mi beo del fatto che, scarpe o non scarpe io l'equilibrio sulla neve cell'ho e che mi sono fiondata a comprare l'impermeabilizzante per gli stivali imbottiti.
Che poi fa veramente uno strano effetto vedere le strade di Torino piene di macchine che rispettano i limiti di velocità. Certo dover avere il terrore di attraversare la strada col semaforo verde perché quello che sta per arrivare potrebbe essere un cretino con le gomme lisce che si è ostinato a uscire di casa, non è tanto piacevole lo stesso.

Buon inverno vero a tutti. Speriamo che duri, così almeno imparate qualcosa.