giovedì 16 febbraio 2012

Il terrorismo buono e quello cattivo

Terrorista, a mio parere, è una parola che va usata con molta, molta cautela, perché è soggettiva.
Questa è la definizione di Wikipedia:

"Il terrorismo è una forma di lotta politica che consiste in una successione di azioni clamorose, violente e premeditate come attentati, omicidi, stragi, sequestri, sabotaggi, ai danni di enti quali istituzioni statali, governi, esponenti politici o pubblici, gruppi politici, etnici o religiosi. Generalmente i gruppi terroristici sono organizzazioni segrete costituite da un numero ridotto di individui: a volte i terroristi si considerano l'avanguardia di un costituendo esercito, dei guerriglieri che combattono per i diritti o i privilegi di un gruppo o pro/contro i predetti enti."

In questa definizione rientrano tanto Al-Qaeda quanto i partigiani.
Ma chi chiama ancora i partigiani "terroristi"? Nemmeno i neo-fascisti lo fanno, ma all'epoca della dittatura erano considerati tali. Gli ex-partigiani però ora indossano con orgoglio berretti, medaglie e gagliardetti a ogni anniversario della liberazione. Sono considerati eroi, esempi da seguire.
Però si davano ai sabotaggi, alle aggressioni ai reparti fascisti, agli attentati dinamitardi, esattamente come fanno tutti i "terroristi" di questo mondo contro coloro che considerano il "nemico".
E il nemico può essere chiunque: un governo, un'etnia, un credo religioso, un intero emisfero.

Terrorismo deriva da "terrore", una tattica utilizzata da qualsiasi dittatura (politica, religiosa, etnica) per mantenere l'ordine, eppure è chi al potere a identificare gli oppositori violenti come "terroristi", dimenticandosi molto opportunamente che anche loro usano la paura.

Anche le democrazie lo fanno.
Come si mantiene l'ordine? Con le forze di polizia, che sono armate e hanno dimostrato più volte di essere violente. Anche la legge fa paura, paura di finire in carcere, paura del processo legale e mediatico, paura della perdita della propria reputazione e stabilità economica, paura insomma. Anche all'interno delle aziende viene utilizzata l'arma del terrore, quello della disoccupazione, quello della recessione in un ruolo minore e peggio pagato. E la famiglia? Quanti genitori pretendono rispetto dai figli con il terrore?

Ma se usiamo tutti la paura come arma, come si distingue tra il terrorismo buono e quello cattivo?
Pragmaticamente parlando la paura è paura, e viene utilizzata per inibire tanto l'aspirazione al crimine quanto le proteste cittadine.

La Russia, la Cina, la Corea del Nord, la Birmania, l'Iran, etc. mantengono il proprio potere sui cittadini e la propria indipendenza con la paura delle proprie forze armate.
Gli Stati Uniti, Israele, la Germania, la Francia, l'Inghilterra, etc. mantengono la propria ingerenza negli affari esteri allo stesso modo.
Perché onestamente, chi vorrebbe far incazzare qualcuno che ha la bomba atomica o i cordoni dell'economia globale?

Tutta questa ipocrisia è dannatamente stancante e quella dannata parola forse andrebbe abolita. Almeno fino a quando non smetteranno di succedere cose del genere in una democrazia.

E noi dovremmo smetterla di considerarci il più alto gradino della scala evolutiva, perché sinceramente, se riusciamo a vivere civilmente solo per la "paura" delle conseguenze, un qualsiasi formicaio, alveare o colonia di scarafaggi merita dieci volte più di noi di sopravvivere all'estinzione.

Nessun commento:

Posta un commento