martedì 25 ottobre 2011

We are all stuck in a moment

Questo è un periodo veramente strano.
Il medio oriente è infiammato dalle rivoluzioni che portano a regimi militari o alla sharia, in Italia si fanno manifestazioni che finiscono con manifestanti che si menano con le forze dell'ordine. Quest'ultime poi pubblicano anche un comunicato stampa che insulta lo stesso governo le cui ragioni hanno appena finito di proteggere. Continuiamo a concentrarci sulle solite due religioni monoteiste a cui attribuiamo tutti i mali dimenticandoci che in realtà tutte le religioni sono un male, non a caso le chiamano l'oppio dei popoli. Il governo non è più in grado di governarci e lo sa ma dice che senza di lui non cammineremo. Guardiamo con passione le rivoluzioni dei nostri vicini di casa e poi li condanniamo per averle concluse nello stesso modo con cui le rivoluzioni si concludono da secoli. Inneggiamo al diritto di satira libera per condannarlo appena colpiscono qualcosa a cui teniamo.
C'è la crisi, tutti sappiamo che è colpa del sistema capitalistico attualmente in uso, ma invece di trovare tutti assieme un modo per sostituirlo (come ha fatto l'Islanda) ci affanniamo a salvarlo, eliminando magari con un colpo di spugna tutti quei diritti che i nostri nonni e genitori hanno conquistato in anni di lotte, sudore, fatica e sangue.
C'è tanta voglia di rinnovamento, tanto desiderio di cambiare e allo stesso tempo, c'è la paura fottuta di farlo.
Siamo sull'orlo del burrone e abbiamo paura di saltare.
Cambiare fa sempre paura. Chi l'ha dovuto fare, magari spesso, sa che esistono tre sentimenti strettamente concatenati che ti fanno arrivare al cambiamento: disperazione, desiderio, volontà. Non puoi cambiare sei sei solo disperato ma senza desideri e volontà, la volontà non sarà mai sufficiente se non supportata dalle giuste motivazioni e il desiderio rimane solo un sogno se ti manca la perseveranza di portarlo avanti. In ogni caso, anche quando finalmente ci decidiamo a cambiare, fa paura. Possiamo essere eccitati ed euforici, ma avremo sempre paura.
In teoria noi in questo momento dovremmo essere sia disperati, che volenterosi, che desiderosi. Anzi dovremmo essere persino frustrati ed esausti di tutte le fregnacce, le bugie i continui voltagabbana.
Dovrebbe essere facile, ma in realtà non siamo niente. Non siamo sufficientemente disperati, perché la sera torniamo a casa con il riscaldamento acceso, il digitale terrestre e il frigorifero qualcosa da mangiare ce lo darà. Non siamo abbastanza volenterosi perché già scendere in piazza e fuggire appena cominciano a volare i san pietrini è un atto di enorme coraggio, figuriamoci cominciare ad occuparla. Le nostre energie sono già spese per seguire altri desideri nei quali rimettere in sesto una nazione evidentemente non fa parte.
Là, dove hanno appena ucciso un dittatore per instaurare uno stato religioso, erano disperati. Erano frustrati. Erano furiosi. Si sentivano tenuti in ostaggio e repressi, non ne potevano più. Volevano qualcosa di diverso, lo volevano e lo sognavano con tutte le loro forze. Per questo sono insorti e non si sono fermati finché non hanno eliminato quello che per loro era d'ostacolo ai propri desideri.
Qui abbiamo un qualcosa di blando che ci lascia vivere comunque un po' come vogliamo, o almeno ce ne lascia l'illusione. Perché non glie ne frega un granché a nessuno della crisi, finché le misure per contrastarla non gli fanno perdere la casa. Non importa a nessuno delle riforme sul diritto del lavoro, finché il capo non lo convoca nel suo ufficio dandogli un preavviso di pochi giorni. Non importa a nessuno della continua ingerenza della Chiesa negli affari di Stato e del lecchinaggio dei potenti nei suoi confronti, finché non ti impediscono di sposarti con la persona che ami, di accedere all'aborto terapeutico con  urgenza e migliaia di euro che potrebbero essere spese nelle istituzioni finiscono nelle loro già fin troppo straripanti casse.
E poi ci manca la coesione, ci manca lo sguardo di insieme, ma soprattutto ci manca la capacità di fare le cose dal vivo. Persino quando ci interessa qualcuno andiamo prima sulla rete per cercarlo che a parlare con lui. Questo dovrebbe dirci molte cose, no?

Finché rimaniamo fermi nel nostro impasse personale, non è un gran dramma, prima o poi ne usciremo, ma quando è tutto il mondo occidentale a esserci dentro comincia a essere un grosso problema. Non trovate?

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